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Centoventi scrofe alle quali dover garantire il mangime, per farle crescere bene e, poi, venderle. Un meccanismo semplicissimo per chi ha un allevamento ma che però, dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, si è inceppato. Marco Pinna, allevatore di 34 anni, “e partita Iva”, ha contattato la redazione di Casteddu Online per portare all’attenzione di tutti il suo grido di dolore: “Faccio questo lavoro da oltre dieci anni, allevo maialini da latte e, sin dall’inizio, ho sempre rispettato le leggi legate al benessere animale e ho sempre avuto le certificazioni per la questione della peste suina africana. Ho avuto due blocchi da quarantena per un focolaio”, afferma Pinna, “mi sono rimboccato le maniche e, senza nessun tipo di aiuto economico, non mi sono arreso”. Da oltre due mesi, però, “dall’inizio del Coronavirus, il mercato è crollato, anche quello della vendita del porchettone, il mio unico spiraglio rimasto. Ho tanti suini invenduti”.
“Penso che, dopo tanti sacrifici, non riuscirò più a reagire e vedere la luce. Come tanti miei colleghi”, osserva l’allevatore sardo, “anch’io mi trovo in attesa di ricevere i soldi dei premi per il benessere animale, bloccati dal 2018”. E ora, con centoventi maiali ai quali badare, Pinna non sa più a quale santo votarsi: “Ho chiesto alle banche il finanziamento previsto dal Governo ma mi è stato risposto che sono ancora in attesa di indicazioni specifiche per il settore dell’agricoltura, da parte di Ismea e del fondo di garanzia. Secondo lo Stato e la Regione dovrei sopperire ai problemi con i 600 ricevuti. Questa situazione mi porterà al fallimento, non avrò più nulla per la mia famiglia e per la mia figlia che sta per nascere. Chiedo un aiuto anche alla Regione con misure di sostegno al reddito, o non riuscirò nemmeno a comprare il mangime per sfamare i miei animali”.