Di Paolo Piu
“Vendetta di donne non deve fallir”. Questo verso ben esprime il complotto ai danni di Falstaff da parte delle comari che vogliono far pagare al vecchio fanfarone il fatto di corteggiarle entrambe, promettendo a ciascuna amore fedele e sincero.
Dall’11 novembre, con repliche fino al 20, il pubblico cagliaritano potrà assistere al Falstaff, l’ultima opera scritta da Giuseppe Verdi su libretto di Arrigo Boito, tratto dalla commedia Le allegre comari di Windsor e dal dramma Enrico IV di William Shakespeare.
Si tratta di un’opera innovativa, di genere comico, in cui Verdi inventa un altro alfabeto espressivo, impiegando strumenti nuovi, completamente diversi da tutto ciò che si era sentito fino a quel momento. La forma cantata non ruota più intorno all’aria o alla cabaletta, che lasciano il posto al monologo musicato. Esso permette all’attore-cantante di intervenire sul brano in esecuzione. Il declamato è creato sulla parola stessa, che su di essa si appoggia. Anche l’orchestra è solo di supporto alla voce, la quale diventa lo strumento narrativo principale. “In quest’opera la cornice si fa quadro” come disse Verdi stesso. Tutto queste novità nel 1893, anno in cui fu rappresentata, influenzeranno la produzione musicale del xx secolo.
Boito creò una sintesi dalle opere shakespeariane, in cui Falstaff è protagonista o personaggio comico di rilievo, diventando una maschera che influenzerà la letteratura e la cinematografia dei secoli successivi.
Infatti la figura del fanfarone convinto di essere furbo, una volta smascherato dalle astute comari, verrà gabbato due volte, finendo una volta nella cesta dei panni sporchi e da lì gettato nel Tamigi, e la seconda volta, proprio perché è un presuntuoso e non ha imparato la lezione, sarà vittima di una farsa in cui verrà sbeffeggiato pubblicamente, in un crescendo di ilarità e divertimento.
Il finale “Tutto nel mondo è burla”, con una fuga a otto voci che si rifà al Don Giovanni di Mozart, è l’addio di Verdi non solo alla commedia che vede Falstaff protagonista, ma a tutta la sua creazione operistica. I costumi di Carla Teti richiamano l’800 e il ‘900, mentre Falstaff, l’unico a indossare abiti del ‘600 all’inizio dell’opera, rappresenta il grande inattuale, protagonista di un mondo che sta scomparendo per far posto a uno nuovo e moderno. Scarna, essenziale, quasi inesistente la scenografia; un altro rimando al teatro shakespeariano?
L’allestimento presentato dal Teatro Lirico di Cagliari si avvale della regia di Daniele Abbado. Due cast di artisti si alternano nelle rappresentazioni: Roberto de Candia (11, 13, 16, 18, 20)/Sergio Vitale (12, 15) (Sir John Falstaff), Thomas Tatzl (11, 13, 16, 18, 20)/Luca Grassi (12, 15) (Ford), Marco Ciaponi (11, 13, 16, 18, 20)/Manuel Pierattelli (12, 15) (Fenton), Enrico Zara (Dr. Cajus), Bruno Lazzaretti (Bardolfo), Emanuele Cordaro (Pistola), Alex Penda (11, 13, 16, 18, 20)/Cinzia Forte (12, 15) (Mrs. Alice Ford), Barbara Bargnesi (11, 13, 16, 18, 20)/Daniela Cappiello (12, 15) (Nannetta), Agostina Smimmero (11, 13, 16, 18, 20)/Lara Rotili (12, 15) (Mrs. Quickly), Chiara Amarù (11, 13, 16, 18, 20)/Veta Pilipenko (12, 15) (Mrs. Meg Page). A dirigere l’orchestra è il direttore Donato Renzetti, apprezzato interprete della tradizione musicale italiana, in particolare verdiana. Il maestro del coro è Gaetano Mastroiaco.












