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La Cna Alimentare si appella ai consumatori sardi invitandoli a diffidare dei cosiddetti home restaurant, ossia le case private in cui si offrono pasti a pagamento ad estranei. Questa attività – che si sta diffondendo sempre di più anche in Sardegna – si traduce infatti in un vero e proprio servizio di ristorazione esercitato abusivamente da persone fisiche all’interno delle proprie abitazioni che di fatto non hanno i requisiti igienico sanitari e amministrativi per esercitare tale attività. Per questo l’associazione artigiana si appella anche alle istituzioni affinché facciano chiarezza su questo fenomeno in espansione che rischia di penalizzare i ristoratori regolari.
Dal punto di vista amministrativo gli home restaurant sfruttano infatti un vuoto normativo in quanto la legislazione italiana di fatto non vieta esplicitamente questo tipo di accoglienza, ma nemmeno la ammette in maniera chiara. Né esiste una giurisprudenza in merito, visto che il fenomeno è relativamente recente. Tuttavia, fa sapere la Cna Alimentare, qualche mese fa il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato una circolare che esprime un parere fortemente negativo su questo tipo di attività, di fatto vietandola nella maniera in cui viene oggi esercitata. Per questo motivo nelle scorse settimane sono arrivate le prime sanzioni per l’assenza della documentazione igienico sanitaria richiesta. Infatti, trattandosi di una attività di somministrazione di alimenti e bevande, secondo il ministero anche i cosiddetti home restaurant devono seguire le stesse regole previste: ottenere i permessi, dimostrare di avere i requisiti necessari (partita IVA e registrazioni Inps e Inail) e sottoporsi a controlli periodici.
Ma quello della CNA Alimentare è soprattutto un appello ai consumatori perché facciano delle scelte oculate anche quando vanno a cena fuori. “Non è sempre vero che i prezzi siano più vantaggiosi negli “home restaurant” rispetto ai ristoranti o alle attività artigiane di gastronomia”, spiega il presidente della CNA Alimentare Sardegna Michele Peano. “Basta fare un giro sui tanti siti che promuovono i novelli “chef” per capire che una cena da privati può presentare un conto molto salato: troppo salato per chi può sfuggire a qualunque tipo di regola. Il fatto è che gli home restaurant non sono soggetti a controllo alcuno da parte di organi di vigilanza nel settore – aggiunge Peano -: pertanto possono operare in barba a qualunque regola igienico sanitaria ed anche in barba al buon senso in cucina. Si pensi per esempio alle modalità di conservazione e manipolazione dei cibi o di pulizia dei locali. L’home restaurant – conclude Peano – non garantisce alcuna sicurezza per la salute del consumatore”.
“E’ assolutamente inaccettabile – aggiunge Maria Antonietta Dessi, responsabile della CNA Alimentare Sardegna – che chi esercita un’attività di somministrazione di cibi e bevande debba frequentare dei corsi, garantire la sua formazione e attenersi ad infinite regole igienico sanitarie, amministrative e di informazione al consumatore, mentre altri soggetti operano in una zona grigia di abusivismo che lascia ampi spazi per operare in barba ai più elementari principi imposti all’imprenditoria nel nostro Paese. Le ultime norme europee in merito alla comunicazione degli allergeni, giusto per fare un esempio, impongono ai produttori e ai ristoratori di garantire ai clienti una certa informazione rispetto a determinate sostanze, ma chi ospita degli estranei a casa a pagamento – spiega Maria Antonietta Dessì – può evitare questo fastidio e questi ingenti costi perché nessuna norma lo obbliga a fare comunicazioni specifiche ai suoi ospiti. Non è una cosa giusta”.
Insomma secondo l’Unione Alimentare della CNA Sardegna non è ammissibile che in Italia ci siano due modalità così diverse di fare ristorazione: da un lato quelle soggette a norme e prescrizioni rigorosissime che vanno a tutela della qualità e della salute dei consumatori e, dall’altro, quelle degli home restaurant, che possono operare senza vincoli, senza controlli, senza tasse e senza sicurezza igienica alcuna.
Qualcuno sostiene che si tratti di attività marginali che hanno carattere saltuario e di fatto non rappresentano una concorrenza diretta nei confronti degli operatori regolari, ma questo non è vero, evidenziano i rappresentanti della Cna Alimentare: il fenomeno è talmente diffuso e capillare che negli ultimi tempi sono sorti decine di portali internet per promuovere e pubblicizzare questi soggetti che addirittura ora si stanno organizzando in associazioni che tutelano i propri interessi.
Auspichiamo che il legislatore colmi quanto prima questo gap normativo che ha già generato un’area grigia di abusivismo e ingiustizia, sostiene la Cna Alimentare che nel frattempo si appella ai consumatori: “mettetevi sempre nelle mani di persone esperte, preparate, soggette a controlli e che pagano le tasse. Chi si serve da un abusivo incoraggia l’evasione fiscale e quindi danneggia sé stesso, oltre che gli altri”.