Non è una resa. Lo ripetono, come un mantra, mentre scendono da quella ciminiera a cento metri diventata per quattro giorni e tre notti la loro casa. Cibi pronti in quantità e sacchi a pelo per dormire, cappucci neri in testa per non farsi riconoscere, perché non volevano personalizzare la loro lotta ma farla a nome di quasi 1500 persone. Non è una resa, solo un atto di fiducia nei confronti del governo: se la fiducia sarà tradita, la protesta ricomincerà. Nessuna intenzione di disperdere la fatica di questi giorni, ma per gli operai stremati dal freddo, dal buio, dall’umidità vale la pena provare: il governo, nel lunghissimo incontro in videoconferenza con la sottosegretaria delegata dal ministero delle Imprese alle crisi industriali, Fausta Bergamotto, si è impegnato ad avviare la prossima settimana un tavolo con i player dell’energia, l’azienda e la Regione. E’ questo il nodo centrale della protesta rimbalzata sui media internazionali e diventata il nuovo simbolo della lotta operaia: il costo dell’energia. Insostenibile, in Sardegna, persino per la Portovesme srl, l’unica azienda che ancora produce in Italia piombo e alluminio da lavorazione primaria. L’azienda l’ha detto con chiarezza: se si trova il modo di abbassare il costo dell’energia, gli impianti potranno ripartire subito. In gioco, fra dipendenti diretti, indotto, interinali e appalti c’è il futuro di quasi 1500 famiglie, in una terra piegata da una crisi economica che rende difficile il presente e impossibile il futuro.
“I quattro operai sono i nuovi partigiani del lavoro e dello sviluppo industriale della Sardegna e meriterebbero una medaglia al valore”, dice il segretario generale della Cgil Sardegna, Fausto Durante, annunciando una ripresa della mobilitazione se le risposte che arriveranno non saranno soddisfacenti. La coordinatrice regionale di Fratelli d’Italia e vicecapogruppo alla Camera, assicura che l’impegno del governo Meloni sarà massimo e che nessuna strada resterà intentata per risolvere una delle crisi industriali più serie a livello nazionale, diventata una bomba sociale pronta a esplodere in qualunque momento.
Anche la Regione, per la quale la crisi della Portovesme non è certo una sorpresa, ha partecipato all’incontro, con il presidente Solinas e i tre assessori a Industria, Ambiente e Lavoro. Univoca la richiesta, e cioè creare le condizioni perché la garanzia che la Portovesme srl rimetta in funzione tutte le linee produttive, in modo da salvare tutti i posti di lavoro. Il centrosinistra, da parte sua, non perdona alla Regione l’’immobilismo di questi anni che ha creato l’attuale situazione. Ma Solinas a sua volta fa rimbalzare le responsabilità: “La vertenza aggrava la crisi di un territorio che ha già pagato fortemente gli effetti della crisi energetica e gli errori di programmazione fatti in passato”.
Su tutto, la disperazione delle famiglie in una delle province più povere d’Italia, illusa dal sogno industriale bruscamente interrotto e pagato a caro prezzo. Di uomini e donne che non vogliono casse integrazioni e assistenzialismo, ma dignità e lavoro. Resta la forza di 4 operai che non hanno paura, che stasera torneranno a dormire nel loro letto ma che, se saranno traditi, sono pronti a un nuovo sacrificio.









