Per tutti in paese è zia Barin, abita con le nipoti ed è coccolata come una bambina. Per l’anagrafe ha 70 anni ma è come se fosse un’ultracentenaria: fisico e mente rispecchiano l’età che avanza, non è più autosufficiente ma il sorriso non le manca. È orfana da quando aveva 18 anni, la sua mamma purtroppo non ha potuto seguirla oltre ed è così che la sorella e le nipoti si sono prese cura di lei. Vive con loro, ogni giorno, e nel corso degli anni la famiglia si è allargata. “Ho due figli” racconta la nipote Donatella “di 8 e 10 anni e le vogliono un bene enorme. È grazie a lei che hanno imparato a vivere con le diversità, a prendersi cura dei più fragili e ad avere un’attenzione particolare verso chi ha più bisogno”. Da ragazza si recava al fiume a lavare i panni, usciva per comperare la spesa per casa: chiunque in paese conosce zia Barin e la comunità si è stretta, più che mai, ieri per il suo compleanno. “Ogni giorno per noi è da festeggiare, raramente chi ha la sindrome di down può raggiungere una certa età”. Un compleanno speciale, insomma, per omaggiare l’ultracentenaria della terra dei nuraghi che si conferma, anche in quest’occasione, culla della longevità anche per chi, come spiega la scienza, non ha, generalmente e purtroppo, le aspettative di vita comuni. “Ogni giorno è un traguardo con tante difficoltà. Qualche volta non mangia, la imbocchiamo, le diamo da bere. Ogni giorno passano i medici per visitarla, il cardiologo ha detto che ha il cuore forte, è diventata piccolissima, tutta rannicchiata, e noi le mettiamo la crema e la profumiamo, cercando di non farle mancare mai nulla. Vorrei dire grazie a zia, perché l’amore che ci da è qualcosa di inimmaginabile, avere tra noi una persona con la sindrome di down in casa, non è una condanna ma una vera e propria fortuna. Non nego che le difficoltà ci siano, soprattutto adesso che la vecchiaia si fa sentire, ma è stata sicuramente una vita diversa e per questo non smetterò mai di essere grata alla vita di averci dato questo dono. E la cosa più bella è vedere i miei due bambini, Yoel e Ariel, che giocano con lei e la proteggono con tanto amore. Sono orgogliosa dei miei genitori per la scelta che hanno fatto, ossia quella di portarla a casa, perché ci ha cambiato la vita e so che il tempo sta passando e c’è sempre più la possibilità che Dio ce la porti via. Ci dicono che è vecchia, che la vita è questa e bisogna rassegnarsi ma per noi è un amore immenso, un angelo che porta tanta allegria”. Ogni giorno che passa, quindi, un regalo con zia Barin che, ancora oggi, beve un bicchiere di vino nero a tavola e parla solo in sardo.












