Non è passato inosservato durante la festa di Sant’Efisio il giovane ragazzo, alto ed elegante, che ha percorso il cammino del Santo con i costumi tradizionali del paese conosciuto per il torrone e l’ospitalità: è giunto in Italia 9 anni fa, con il suo bagaglio di speranze e incertezze. È sbarcato a Lampedusa e poi è arrivato in Sardegna, e a Tonara ha trovato tutto quello che voleva. Affetto, solidarietà, lavoro. Si è integrato con i suoi compaesani che sono diventati parte essenziale della sua famiglia. Tutti lo conoscono e gli vogliono bene forse anche per quel sorriso contagioso (come ha immortalato marconikon73 nella prima immagine a destra) che mai smette di esibire nemmeno per telefono quando, emozionato, racconta qualcosa di lui. Ma, in questo caso, a poco servono le parole, la sua espressione racchiude più di un discorso intero. E la fierezza con la quale indossa la tradizione sarda dimostra anche il riconoscimento che mostra verso l’Isola che lo ha accolto e dove ha trovato la serenità che cercava e che, chiunque, merita di avere per tutta la durata dell’esistenza terrena. Lavora oramai da tempo con i maestri del torrone, crea l’impasto che da vita a uno dei dolci più deliziosi e pregiati e che, se confezionati a Tonara, hanno una garanzia in più assicurata.
Una notizia che non dovrebbe far notizia e che, invece, merita di essere raccontata: il particolare periodo storico, che contrassegna questi anni in particolar modo, riferisce di una cronaca in cui l’uguaglianza è minata da episodi gravi di intolleranza, una piaga che non deve e non può essere accettata. Ecco allora che il giovane che impasta il torrone giunto dalla Guinea e che ama il piccolo borgo arrampicato nei monti, dimostra l’esatto contrario. E il suo paese adottivo, un esempio da seguire, per invertire la rotta insomma, che, in silenzio e senza clamore, è riuscito a dare ciò che per le grandi città è ancora un’utopia: amore e integrazione.