L’Italia, complice di un’operazione neocolonialista, sta per entrare in guerra. Il capo del Governo italiano ha firmato il 10 febbraio un decreto immediatamente secretato su un possibile intervento in Libia e pochi giorni prima c’è stata una clamorosa fuga di notizie dal Wall Street Journal sulla disponibilità dell’Italia di fornire la base di Sigonella per i droni americani e per inviare un contingente di cinquemila soldati.
Sappiamo tutti ormai che la guerra in Libia c’entra poco o nulla con la guerra al terrorismo islamico. Persino il giornale della Confindustria (Il Sole24ore, 6 marzo 2016) ammette candidamente che “la Libia è un bottino da 130 miliardi di dollari subito e tre-quattro volte tanto nel caso che un ipotetico Stato libico, magari confederale e diviso per zone d’influenza, tornasse a esportare come ai tempi di Gheddafi” e che lo Stato italiano ha grossi interessi da difendere, a partire dalle commesse dell’ENI che oggi controlla quasi tutti i traffici petroliferi.
Una guerra quella libica, cominciata perché il governo di Gheddafi intendeva avviare il processo per una moneta panafricana e portare a termine il processo di decolonizzazione, in particolare dalla Francia. Processo di emancipazione che fu stroncato a suon di bombe e con un flusso impressionante di armi ai terroristi islamici cantati anche dalla “sinistra” italiana come “ribelli democratici”. Il risultato è una guerra per bande sanguinaria che ha portato la Libia da paese in via di sviluppo a stato distrutto dalla guerra ed ostaggio dell’imperialismo europeo e nordamericano, esattamente come lo sarebbe la Siria senza la resistenza siriana e curda e senza il sostegno della Russia.
Veniamo però al punto che ci interessa come sardi e sarde:
La nostra terra è occupata dall’esercito italiano e dai suoi alleati NATO. Siamo in pratica una portaerei e dall’aeroporto militare di Decimomannu sono per l’appunto partiti i caccia francesi che hanno devastato la Libia.
Il governo Regionale, se fosse reale espressione degli interessi dei sardi, dovrebbe dichiarare solennemente e unilateralmente la propria indisponibilità alla guerra, la propensione alla pace e all’amicizia tra i popoli e diffidare chiunque dall’utilizzo di qualsiasi infrastruttura presente nell’isola e dall’utilizzo dello spazio aereo, terrestre e marittimo della Sardegna a scopi bellici.
Il Fronte Indipendentista Unidu rivolge un accalorato appello a tutti gli indipendentisti, ai pacifisti, agli antimilitaristi, ai sinceri democratici, agli ambientalisti e a tutte le forze libere dalle logiche guerrafondaie e imperialistiche per un’ampia mobilitazione che non escluda anche l’utilizzo di pratiche per la disobbedienza civile e l’interruzione delle attività belliche.
Fronte Indipendentista Unidu












