Duje Cop in partenza? Un errore ora che è al top. E Festa lo esalta

Il giocatore croato potrebbe raggiungere Isla al Fenerbahce dopo due anni da titolare in Spagna e dopo aver conquistato la maglia da titolare con la Croazia. Tra le sue vittime nell’ultima stagione anche il Real Madrid, Valencia, il Messico e l’Irlanda del Nord. Per l’allenatore che seppe valorizzarlo tenerlo sarebbe un gran colpo: “In allenamento si gestiva ma mi diceva: Mister in partita è un’altra cosa. E la domenica si trasformava”

 


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

di Nanni Boi

Borriello, Sau, Farias, Joao Pedro, il promettente Han. In attacco il Cagliari sembra coperto, all’occorrenza in rosa ci sarebbe anche Giannetti che verosimilmente andrà a giocare in campionati più consoni al suo livello. Viene da chiedersi allora quale futuro può avere Duje Cop, (Vinkovci 1990) il croato che ballò solo mezza stagione in rossoblù e che dopo due campionati in prestito ha ancora un anno di contratto con la squadra allenata da Rastelli. Radio mercato lo da comunque in partenza, forse con Isla ai turchi del Fenerbahce, ma sarebbe un errore privarsene. Scoprirlo adesso solo per il gol segnato nell’amichevole col Brescia sarebbe riduttivo, di certo non era l’erede di Larrivey secondo l’etichetta che qualcuno gli mise troppo frettolosamente dopo la passata esperienza in Sardegna.

Intanto per il suo biglietto da visita: arrivò con il titolo di capocannoniere in Croazia (22 reti più altre 5 in Europa con la Dinamo Zagabria con cui vinse coppa e scudetto nazionale), un paese dove il calcio si gioca a buoni livelli. Poi c’è da considerare che la media di realizzazione mostrata a Cagliari non era affatto da buttare. Segnò 4 volte in 16 presenze, ma di queste solo due furono intere. Tenuto conto dei minuti giocati realizzò un gol ogni 203’, ovvero ogni due partite e poco più. Considerando anche l’annata disgraziata della retrocessione si può dire che fu una media di assoluto rispetto.

Da allora poi ha migliorato notevolmente il suo bagaglio di esperienza giocando titolare per due anni nella Liga spagnola. E se al Malaga si fermò a 7 reti, l’anno scorso allo Sporting Gijon  migliorò sfiorando la doppia cifra e infilando difese tutt’altro che sprovvedute come quelle del Real Madrid, dell’ Athletic Bilbao, della Real Sociedad e del Valencia. Aggiungiamo che nell’ultima stagione si è conquistato la maglia da titolare anche in nazionale infilando le difese di Messico e Irlanda del Nord. Il Cagliari per il suo cartellino sborsò 4 milioni e mezzo in due rate, e dai prestiti spagnoli ne ha recuperati 1,5. In pratica lo ha pagato 2 milioni e mezzo, una cifra più che abbordabile. E’ chiaro che se volesse tenerlo dovrebbe prolungargli il contratto diversamente a febbraio il giocatore sarebbe libero di accasarsi altrove per l’anno venturo a parametro zero. Ma probabilmente ne varrebbe la pena, anche perché con un paio d’anni buoni in Italia si potrebbe ricavare una buona plusvalenza dalla sua cessione.

La pensa così anche Gianluca Festa, l’unico allenatore fra i tre avuti in rossoblù che seppe valorizzarlo utilizzandolo 6 volte su 7 da titolare. Con Zola infatti aveva cominciato bene segnando alla seconda apparizione col Sassuolo appena entrato dalla panchina, ma poi, dopo essere diventato titolare in tre occasioni, venne rispedito fra le riserve. E con Zeman (che non l’aveva avuto nella prima parte dell’anno perché il giocatore giunse col mercato di gennaio) fece solo due spezzoni di pochi minuti partendo sempre dalla panchina. Festa a sorpresa lo lanciò titolare a Firenze al suo debutto in  panchina e lui rispose con una doppietta che consentì ai rossoblù di sbancare lo stadio toscano dopo oltre 40 anni di insuccessi, poi entrò nel tabellino anche nel rotondo 4-0 rifilato al Parma. “Cop è un attaccante che in area di rigore sa il fatto suo – dice l’allenatore di Monserrato – è bravo, capace, smaliziato. Come tutti gli slavi ha un carattere un po’ particolare, magari in allenamento dava l’idea di essere un po’ indolente e io lo spronavo a darci dentro. Ma era un suo modo di gestirsi. Ricordo che mi diceva: ‘Mister, tranquillo. In partita è un’altra cosa’. Ed effettivamente era così, diventava cattivo agonisticamente parlando, così come è giusto che sia. Per i difensori non era un cliente semplice da marcare, perché oltre a vedere la porta sapeva farsi rispettare fisicamente. Se in quel periodo riuscimmo a fare 13 punti in 7 partite buona parte del merito fu anche suo  (Festa raccolse una squadra a pezzi, che tra le dissennate parentesi di Zola e Zeman nelle ultime 10 partite aveva raccolto la miseria di 2 pareggi, 8 sconfitte e neanche lo straccio di una vittoria ndc). Se rimanesse credo che il Cagliari se ne avvantaggerebbe di sicuro, anche considerando la crescita ulteriore avuta nel campionato spagnolo e in nazionale”.

 


In questo articolo: