Crolla l’artigianato in Sardegna:nel 2014 arriverà la mini ripresa?

Il dossier diffuso oggi dalla Cna


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«La forte crisi dell’artigianato regionale in Sardegna non deve essere presa alla leggera dalle istituzioni: il lavoro dei nostri artigiani, che nonostante le enormi difficoltà, rappresenta ancora il 10-11% del Pil complessivo della nostra regione (più della media registrata tra le regioni del Cento Nord) deve essere adeguatamente tutelato e valorizzato». Lo affermano Bruno Marras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario della Cna sarda commentando gli ultimi dati negativi per il settore. Da una ricerca del centro studi della Cna sarda emerge infatti che nel 2013 il valore aggiunto dell’artigianato avrà una ulteriore flessione del -6,7% (il calo rispetto al 2009 ha raggiunto ormai il 30%). Un leggero rallentamento della caduta verticale è atteso soltanto per il 2014 (-2,9%),  

 

«L’artigianato rappresenta oggi più che mai un elemento fondamentale per la nostra economia regionale – spiegano Marras e Porcu -. Ma nonostante le imprese artigiane impieghino oltre un quinto degli addetti complessivi e rappresentino circa il 30% del totale delle imprese attive in Sardegna (con punte del 78% nel settore manifatturiero e del 75% nelle costruzioni), le istituzioni non sembrano accorgersi della loro importanza strategica. E’ un dato di fatto – proseguono – che la crisi attuale è, a tutti gli effetti, una crisi dell’economia artigiana dell’Isola. Solo nel 2010 si era perso il 13% del valore aggiunto mentre tra il 2011 e il 2012 la flessione ha raggiunto l’8% annuo: a fine 2013 si registrerà una ulteriore flessione del 6,7% con un leggero rallentamento atteso solo per il 2014 in concomitanza con l’incerta ripresa dell’economia regionale».

 

Nel 2009 – evidenzia la ricerca del centro studi della Cna sarda – l’artigianato era arrivato a rappresentare in Sardegna oltre un quinto del valore aggiunto del settore produttivo (al netto di agricoltura e settore pubblico, cioè pubblica amministrazione, sanità, istruzione e difesa), un dato secondo solo quello di Marche e Basilicata. Anche dopo la crisi del 2010 il peso dell’artigianato sul sistema produttivo della Sardegna (18% del valore aggiunto) rimaneva tra i più significativi nel panorama italiano, e, comunque, ampiamente al di sopra della media nazionale e, soprattutto, della media delle altre regioni Meridionali. Secondo l’ultimo censimento dell’Industria e dei Servizi gli artigiani rappresentano circa il 30% di tutte le imprese regionali, dando impiego a oltre il 25% degli addetti. Nel settore manifatturiero il ruolo degli artigiani è talmente centrale che non è affatto esagerato affermare che in Sardegna la manifattura è artigiana. L’incidenza delle imprese artigiane è, infatti, la maggiore tra le regioni italiane, sia in termini di numero delle imprese (il 78% secondo il censimento 2011) che di addetti impiegati (il 48%). Eppure negli ultimi cinque anni si è assistito ad un vero e proprio stillicidio di cessazioni di attività: a metà 2013 si sono contate (rispetto al 2008) circa 4.400 imprese artigiane in meno (il 10% dello stock del 2008).

 

«Nessun’altra regione italiana ha subito una contrazione così accentuata dello stock di imprese artigiane attive», affermano Bruno Marras e Francesco Porcu. «Per questo la forte crisi che l’artigianato regionale sta attraversando non può e non deve essere presa alla leggera. E’ stato assodato sia a livello nazionale che comunitario che una strategia di sviluppo economico che punti sull’innovazione, sulla qualità e sulla valorizzazione del marchio di origine, necessaria per migliorare la competitività dell’economia italiana, non può prescindere da artigiani e piccole-medie imprese. Ormai è passato il tempo in cui le piccole imprese venivano considerate elementi transitori nei processi evolutivi aziendali – spiegano i vertici della Cna -. Politiche di sviluppo orientate esclusivamente sulla promozione della grande industria, figlie dei paradigmi economici degli anni sessanta, in un mondo globalizzato come quello odierno – concludono Marras e Porcu – sono destinate irrimediabilmente a mostrarsi fallimentari, a maggior ragione in una realtà come quella della Sardegna, caratterizzata da deficit infrastrutturali e di accessibilità, ma con un grande patrimonio storico-paesaggistico e culturale da valorizzare e tutelare».

 

 

 


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