Cristina Giarrizzo ha quarant’anni e da venti fa la barista. Il tempo di rilassarsi un anno dopo la fine delle superiori all’Alberghiero e poi, dai banchi di scuola, è passata ai banconi di un bar. Lavora in un locale di via Tuveri, la Giarrizzo, e ha letto le polemiche e i tanti punti di vista emersi dopo la testimonianza di un suo collega che ha detto che “con i turisti basta un sorriso, non conosco l’inglese”. E lei si trova “pienamente d’accordo, ha ragione. Io mastico poco l’inglese, ho sempre fatto francese a scuola e non ho mai avuto il tempo, visto che lavoro ben nove ore al giorno, di seguire dei corsi di lingua”. Un “tot” orario molto elevato, insomma, durante il quale la quarantenne prepara caffè, drink e cocktail per i suoi clienti. E, tra loro, ci sono anche turisti, “ma sono comunque pochi”. E comunque, laddove necessario, c’è sempre la lingua francese che può salvare tutto.
Negli ultimi giorni altre categorie di lavoratori, per manifestare i propri problemi, hanno tirato in ballo la categoria dei camerieri, che fanno parte della “famiglia” dei baristi: “Chi ha criticato il nostro settore non ha ragione, io faccio un bel lavoro e sto a contato con la gente, e comunque guadagno. Porto a casa uno stipendio, non è un problema non sapere l’inglese, riesco comunque a cavarmela”, giura la Giarrizzo.









