(Nella grafica, in alto a sinistra, Luigi Pisci. Accanto alcuni momenti della manifestazione di protesta di oggi)
E’ guerra aperta contro il declassamento e la soppressione degli ospedali pubblici nei territori più isolati e nelle città. Scendono in piazza e più precisamente davanti al palazzo del Consiglio Regionale di via Roma, in migliaia tra cittadini, amministratori locali e sindaci, associazioni di volontariato, per gridare “No alla proposta del piano di riordino della rete ospedaliera sarda”, voluto dalla Giunta Pigliaru e da tutta la maggioranza che governa, con il preludio di privatizzazione del sistema sanitario pubblico.
Un lungo corteo, con Luigi Pisci, della “Rete Sarda-Difesa Sanità Pubblica” e la Usb (Unione Sindacale di Base, Federazione regionale Sardegna), con le delegazioni del Sarrabus-Gerrei, Mandrolisai, Barbagia di Belvì, che hanno gridato con un coro unanime “No alla chiusura dei piccoli ospedali”, per denunciare una precaria situazione sanitaria e per organizzare nuove forme di lotta. Hanno partecipato rappresentanze sindacali oltre ai comitati spontanei e associazioni provenienti da tutte le parti dell’Isola.
I DISAGI. Le assemblee popolari nei territori da Muravera a Isili, da Sorgono ad Alghero, da Seulo a Villanovatulo, a Cagliari, non hanno avuto un istante di tregua. I territori sono in fermento e il fronte del malcontento si amplia. A Pigliaru e a tutta la maggioranza che governa si chiede “un’assunzione di responsabilità e un deciso passo indietro con la loro ingannevole proposta di riordino della rete ospedaliera”. Con l’alibi del “riordino”, “riorganizzazione”, “razionalizzazione”, di fatto i nostri ospedali sono destinati ad essere declassati e poi soppressi. Tutto ciò mentre il buco di bilancio cresce a dismisura e si chiede ancora una volta ai cittadini di risponderne senza che abbiano alcuna responsabilità: “La Sardegna ha il triste primato della povertà in Italia – sostiene a gran voce Claudia Zuncheddu, Sardigna Libera – i sardi non potranno mai sostenere i costi di un’assistenza sanitaria privata. Ci condanneranno ad un’aspettativa di vita sempre più breve e a scomparire”.
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