Carceri: SDR, la burocrazia ritarda assegnazione delle protesi

Sempre più spesso chi ha necessità di un presidio per poter vedere o camminare non riesce a raggiungere il risultato se non dopo mesi e mesi di attesa


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“E’ indispensabile sveltire le pratiche burocratiche che rallentano fortemente il percorso di assegnazione delle protesi in particolare a chi è privato della libertà. Sempre più spesso infatti chi ha necessità di un presidio per poter vedere o camminare non riesce a raggiungere il risultato se non dopo mesi e mesi di attesa. Una situazione che nella Casa Circondariale di Cagliari sta rendendo la vita impossibile a diversi reclusi”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, evidenziando che “molti dei cittadini che vivono una condizione di menomazione in stato di reclusione non sempre possono contare sul ricorso ai familiari per inoltrare una domanda, fornire una documentazione circostanziata o sollecitare un presidio. E’ necessario, specie in caso di rinnovo di protesi o presidi, accelerare il procedimento per ridurre i disagi”.

            “I familiari di un detenuto della Casa Circondariale di Cagliari – sottolinea Caligaris – si sono rivolti all’associazione per perorare la causa di un loro congiunto. Si tratta di un cagliaritano che da diversi mesi attende di poter disporre della protesi oculare. L’uomo, P.P., 60 anni, da alcuni mesi, ha insistentemente chiesto ai Medici dell’Istituto di Pena di poter cambiare il presidio, ormai scaduto, ma nonostante ciò il suo problema non è stato risolto”.

            “Vivere nello stato di detenzione non significa rinunciare al diritto alla salute e alle condizioni di migliore vivibilità possibile. Purtroppo però accade che la burocrazia interna o esterna alla struttura limiti pesantemente l’autosufficienza dei ristretti. Un altro caso significativo è quello di un detenuto di 77 anni D.P. che non è in grado di deambulare. L’uomo però attende da mesi che gli venga assegnata una sedie a rotelle. La situazione è particolarmente grave perché è costretto anche a rinunciare all’ora d’aria. E’ evidente che in questi casi – conclude la presidente di SDR – è difficile parlare di pena detentiva finalizzata al recupero di chi ha sbagliato. Una maggiore attenzione da parte degli operatori e una minore ingerenza della burocrazia sarebbero sufficienti a cambiare il sistema, fermo restando che in certe condizioni di salute bisognerebbe trovare opportune alternative alla permanenza in carcere pur garantendo l’espiazione del debito sociale”.