Le accuse sono pesantissime: violenza sessuale, violenza domestica e maltrattamenti. Un 43enne residente nel sud Sardegna, già condannato in passato, dovrà difendersi in un nuovo processo che, per la sua delicatezza, si svolgerà a porte chiuse al tribunale di Cagliari. Ad essere ascoltata dai giudici per l’apertura del dibattimento, a breve, una 37enne che da tempo non vive più in Sardegna: c’è un maxi faldone di denunce, testimonianze e referti di pronto soccorso che sono sfociate, oltre un anno fa, in una richiesta di rinvio a giudizio. È una vicenda complessa, quella che vede la giovane vittima in due periodi diversi di violenze e maltrattamenti: “Sino al 2016, quando avevo deciso di allontanarmi dal mio compagno violento”, racconta la donna a Casteddu Online. Poi, come si legge anche nelle carte della richiesta di rinvio a giudizio dell’uomo, datata 14 febbraio 2022, lei era tornata con lui “in quanto aveva minacciato di suicidarsi se non l’avessi fatto”. Ma la spirale di violenza sarebbe, purtroppo, continuata, sino alla nuova e definitiva fuga. Il procuratore della Repubblica Gaetano Porcu scrive chiaramente che l’uomo, “con abitualità, nel corso della convivenza familiare, anche dopo che gli era stata notificata”, nel 2017, “l’ordinanza di applicazione della misura cautelare di allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento” ai luoghi frequentati dalla ventiseienne, “compiva atti di maltrattamento, lesivi della integrità morale, nei confronti della convivente”. E, di seguito, la lunga sfilza di violenze: l’ha “percossa, insultata, afferrata alla gola e per i capelli”, “l’ha pedinata, ha lanciato bottiglie d’acqua contro la sua abitazione, ha minacciato di morte lei e la sua bambina”. Tutte azioni che hanno portato la donna, ormai in preda alla disperazione, ad andare a vivere nel nord Italia.
Non solo: il 43enne l’avrebbe anche costretta ad avere rapporti sessuali contro la sua volontà e, nel 2017, “ha provocato” alla donna “lesioni personali consistite in trauma addominale in gravida alla sesta settimana di gestazione” e altre lesioni, “giudicate guaribili in dieci giorni”. La 37enne racconta: “Avevo poi scelto di abortire. Lui non ha mai smesso di cercarmi o di mandarmi messaggi anche dopo che avevo deciso di andarmene per sempre. Lui era stato condannato a due anni e otto mesi e aveva scontato la pena solo in parte facendo lavori socialmente utili, poi interrotti per l’arrivo del Covid. Ho sofferto tanto e voglio vivere una vita serena, confido nella giustizia”. La ragazza sarà ascoltata e dovrà rispondere alle domande dei giudici in un processo che si preannuncia molto delicato. In aula, con lei, ci sarà il suo legale, Roberto Rocca. Il 43enne è invece seguito dall’avvocatessa Danila Anesa Melis.











