Il waterfront, quello elegante, un design moderno e raffinato, il caldo abbraccio di Cagliari a chi arriva dal mare, ed ora l’hotel a cinque stelle in costruzione sul molo Sanità, ex stazione marittima, la ditta è quella della riqualificazione, ma questa volta è Porto Rotondo che detta i lavori, senza gli stucchevoli fronzoli della politica e il peso soffocante di fuoriclasse dell’architettura; un progetto importante, indotto turistico per commercio e ristorazione di qualità. Poi c’è l’altro waterfront, la passeggiata centrale, chiamata nel dopoguerra “sa passillara de is serbidoras”, con rispetto per la categoria, sia ben intenso, quando il giovedì, giorno di riposo settimanale, con millimetrica messa in piega e abito della festa sfilavano le belle domestiche sotto lo sguardo attento, e il fischio facile, di marinai e burbe in libera uscita; nel tempo la moda è cambiata ma il sottoportico continuava ad essere più in voga per il cagliaritano con “la puzza sotto il naso”, che lo riteneva più elegante della passillara, considerata rustica, e perfino volgare, ma nel corso degli anni il sottoportico vede approdare di tutto, diventando sempre meno salotto e sempre più ricettacolo per sbandati.
Due mondi diversi, waterfront e passillara, una strada sgangherata li separa, il cui destino di asfalto sembra segnato a causa della riduzione di corsie sul lato portico, ormai insufficiente alla routine quotidiana, figuriamoci per dirottare il traffico durante le manutenzioni stradali o la costruzione della metro, non scherziamo. Il colossale restyling mira a cambiare il futuro della via Roma storica, ma smontare migliaia di basoli per ricomporli con fantasia potrebbe non sortire i risultati sperati. Pur edulcorato da mille giri di parole l’intento appare chiaro, guerra alle auto, non con i cartelli, ma con la forza primitiva della demolizione, smantellare il lastricato per dimezzare fisicamente lo spazio, e il risultato è quello che si vede, una strada menomata che mette in croce residenti e commercianti di mezza Marina; un cambiamento così dovrebbe essere graduale, non imposto con punta di spada dall’oggi al domani: prima si danno le alternative, poi si riducono le auto, e non il contrario, ammesso che ciò sia giusto, tra l’altro, considerata l’alternativa dell’auto elettrica tanto celebrata, se proprio la mettiamo sull’inquinamento; ma intorno ai basoli gira anche una fetta grossa del lavoro, che fa schizzare alle stelle costi e tempi di consegna; oggi una parte di quelle pietre martoriate giace ricomposta sul “bosco interruptus”, il marciapiede granitico con larghe fughe ricoperte da sabbione. Chi conosce via Roma sa che non è una strada qualunque da rimodellare con un colpo di righello: in primis occorreva mettere in sicurezza la strada lato porto, in secundis la passeggiata andava rinnovata e le aiuole rinvigorite, il resto diventava passeggiata con traffico limitato. Non sono due altalene che risolvono i problemi di via Roma: le altalene potevano essere messe in piazza Ingrao, riqualificando una terra di nessuno, tanto per iniziare, e non in quella assurda imboccatura tra due strade; eppure quelle altalene riscuotono un successo incredibile, file di bambini attendono il loro turno per l’allegro dondolio, un successo incassato a piene mami dalla nuova strada, e la ragione sta nei numeri, perché sono pochissime le altalene a Cagliari e hinterland, nessun cigolio nelle principali piazze e perfino nei giardini pubblici; queste carenze forse spiegano parte del successone delle altalene di via Roma, sistemate in quell’angusto spazio ricamato nel posto più ostile che si possa immaginare, tra due strade trafficate.
Passando alla viabilità le cose non vanno molto bene, lo scenario la mattina è sempre lo stesso, file di furgoni occupano la carreggiata per le consegne a bar e ristoranti, stesso discorso per i mezzi di igiene urbana, cestini e pulizia della strada, poi arrivano gli enormi camion per la raccolta dei mastelli e i camioncini per svuotare i cassonetti, poi le consegne postali, quindi i furgoni dei corrieri per recapitare pacchi ed oggetti voluminosi; nel frattempo c’è chi si affanna a parcheggiare negli stalli riservati, e in mezzo a questa bolgia i residenti entrano ed escono dal quartiere, a volte costretti a commettere infrazioni, quando oltrepassano la linea continua della carreggiata; nel frattempo un via vai di carri attrezzi mentre fioccano le inevitabili sanzioni, situazioni ingarbugliate e surreali dove biciclette e monopattini sfrecciano nel sottoportico in assenza di spazio dedicato; non vanno dimenticate le ambulanze che portano i pazienti per tac e risonanze al centro radiologico; sembra una barzelletta, che non fa ridere, immaginare pullman e corriere che passano quando sarà realizzata la metro di superficie. Il signorile waterfront nel frattempo se la passa alla grande, col placido scialacquio delle onde mosse dalle barche, tutto un altro stile insomma, un’altra dimensione di vita, mentre lì si gode il bellissimo tramonto che dai portici inizierà a vedersi sempre meno, quando le piante cresceranno, l’immagine di una città che si piega su problemi che in parte si è creata, come le pozzanghere d’acqua piovana che ristagnano sulla strada per la mancanza di pendenza. Conclude i ragionamenti Giuseppe, classe 1932, che dice: “almeno potevano lasciare una corsia per le emergenze e lo scarico merci”, forse pure lui è un “architetto che ha studiato su Google”?, non lo sappiamo, ma il tempo potrebbe dargli ragione.