Galoppavano gli anni settanta quando negli sterrati in via Is Mirrionis trovavano posto le attese giostre del quartiere: all’angolo con via Timavo, dove oggi ci sono le palazzine, e nella salita accanto alla scuola Italo Stagno, che all’epoca ancora non esisteva. Le attrazioni erano ridotte all’osso rispetto a quelle della Fiera o di Matherland in viale Bonaria (nello spiazzo dove c’è una banca), giusto lo stretto necessario: il trenino per i bambini, la giostra spaziale, e naturalmente il misuratore de “is bucicconis”, il piatto forte per confermare lo status nel quartiere. La giostra spaziale si muoveva in senso orario, roteando il corpo centrale, la piovra da cui si diramavano le navicelle che giravano su entrambi i sensi, i movimenti rapidi erano azionati da agili volanti tra il gracchiare meccanico simile al canto di un corvo che preannunciava il momento più atteso, l’inizio della pugna.
La strategia attendista non era premiata, ma forse dipendeva tutto dalla “regia” che stabiliva anche l’esito della battaglia, l’illusione comunque superava la realtà in quegli interminabili attimi di pura ferocia nei cieli, aizzati dal capo carrozzone in quei venti secondi di battaglia che sembravano interminabili, poi il vincitore, dopo che le navicelle una dopo l’altra si spegnevano e cadevano. Il battere continuo sul pulsante del fuoco ambiva al gettone virtuale di un altro giro, che preludeva ancora una volta all’inevitabile battaglia finale. Infine il misuratore di pugni, il pezzo forte, poco raggio cosmico ma un concreto binomio tra potenza e tecnica, un’occasione per mostrare il luccicante “cascione” al dito; corpo proteso all’indietro e palmo che copre il pugno chiuso dell’altra mano, roteazione del busto, e terribile “buciccone” sferrato da fermo, la freccia sta ancora girando…, o più platealmente la scenografica rincorsa con scarsi risultati di punteggio sul tabellone.