di Jacopo Norfo
Domenica scorsa Ernesto Galli della Loggia, sul Coriere della Sera, ha scritto un bellissimo pezzo sulla trasformazione dei centri storici in Italia. Incentrato sul concetto della bellezza perduta: sull’altare del turismo e del commercio, stiamo sacrificando la magia dei luoghi. Anche a Cagliari sta accadendo esattamente questo: assistiamo a un vero e proprio boom di pizzerie, gastronomie, friggitorie, rivendite di kebab, fast food: “Una trasformazione in una informe poltiglia turistico commerciale- scrive l’editorialista del Corsera- un cinico sfruttamento affaristico si sta mangiando un pezzo del nostro passato”.
Sarebbe bello aprire un dibattito anche su quel che sta avvenendo a Cagliari: gli unici negozi che resistono davvero sono quelli legati alla gastronomia, gli altri- a cominciare da quelli dell’abbigliamento- chiudono in serie spesso addirittura poche settimane dopo l’apertura. Non è solo il solito discorso, trito e ritrito, delle tasse alle stelle e degli affitti che sono troppo cari, specie in zone come via Dante dove nei giorni scorsi i negozianti sono scesi addirittura in piazza a protestare. Qui bisogna chiedersi come mai, nell’era delle vendite sul web, il nostro centro storico stia cambiando così radicalmente senza rispettare il passato.
A Castello per esempio sono sempre di meno le botteghe e sempre di meno i servizi. La Marina è stata trasformata nel tempio dei ristoranti e del kebab, non sembra esserci alcuna regolamentazione e gli abitanti protestano. Al Poetto dominano i chioschetti. Ovunque stanno spuntando i minimarket con le bottiglie e le merendine in vendita 24 ore su 24. Non sembrano esserci più regole sull’arredo dei negozi, dominano i colori forti a dispetto dell’armonia. C’erano una volta i bei negozi a Cagliari, andarci era un rito. Oggi uno vale l’altro, non sembra esserci più spazio neppure per la fantasia. L’importante è solo sperare di digerire bene.











