Cagliari, lavora tra l’amianto per 37 anni e muore di cancro: il tribunale gli da ragione quando è già nella bara

L’uomo, un settantaduenne, lavora alla Snia di Villacidro e alla Grundig di Cagliari, riparando tubi catodici e altri pezzi di elettrodomestici pieni di amianto. Nel 2016 arriva il cancro, un mesotelioma pleurico. Chiede il riconoscimento della malattia professionale dall’Inail ma ottiene picche. Nel 2019 muore, la moglie porta avanti la battaglia e la vince: “Mamma avrà finalmente una vita economicamente più dignitosa”, spiega la figlia, “ma non è certamente piacevole aver vinto quando papà era già deceduto”


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Una sentenza destinata a fare “giurisprudenza”, come si dice in questi casi, a firmarla è il giudice del lavoro del tribunale di Cagliari, Andrea Bernardino, lo scorso trenta maggio.  Una 72enne che vive in un Comune dell’hinterland potrà avere una cifra compresa tra 52mila e 250mila euro (ancora da definire) da parte dell’Inail, perchè il marito è morto a causa dell’amianto, col quale ha lavorato per trentasette anni in diverse ditte sarde e che l’hanno portato a dover lottare, dal 2016 al 2019, contro un tumore, un “mesotelioma pleurico variante epitelioide”. Quando si ammala tira in ballo l’Inail chiedendo il riconoscimento della malattia professionale e producendo, in parallelo, documenti e cartelle mediche. L’Inail risponde picche ma lui non si arrende: nel 2019 muore e la battaglia davanti ai giudici la porta avanti la moglie. Il 30 maggio scorso la sentenza: l’Inail viene condannata e dovrà pagare l’assegno funerario, la rendita mancata e “la maggior somma tra rivalutazione monetaria e interessi legge”, oltre alle spese processuali. Dalle carte è emerso che l’uomo avesse lavorato alla Snia di Villacidro prima e nella ditta Grundig di Cagliari poi, avendo a che fare con televisori, ferri da stiro, asciugacapelli e altri elettrodomestici con parti in amianto, che sono state inalate e che hanno portato al cancro, purtroppo, letale.
“Abbiamo deciso di andare avanti nella nostra battaglia anche grazie all’aiuto dell’avvocato Gabriele Melis”, spiega la figlia della vedova, una cinquantenne. “Dalle cartelle mediche era emersa la corresponsione tra amianto e malattia di papà. Finalmente mamma potrà vivere un’esistenza, economicamente parlando, più dignitosa, dopo che per tanto tempo è dovuta andare avanti con, solamente, una piccola pensione di reversibilità. Dispiace, ovviamente, che papà non si sia potuto godere ciò che gli spettava per diritto, visto che la sentenza di condanna è arrivata a cinque anni esatti dalla sua morte”. Il legale della vedova, Gabriele Melis, è netto: “È una sentenza importante che riconosce il diritto alla rendita ai superstiti di competenza dell’Inail, in questo caso alla vedova di un lavoratore deceduto per l’inalazione e il contatto con le sottilissime fibre e polveri dell’asbesto, cioè dell’amianto, un potente cancerogeno”.


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