Cagliari, la crisi delle edicole: “Affitto la mia, ma a gente del Cep”

“Affitto l’attività dell’edicola, possibilmente a persone del Cep”. Serranda abbassata in via Flavio Gioia, nella storica edicola che ha sempre servito un quartiere popolare. Il bellissimo messaggio di Valter mentre i chioschi chiudono uno dopo l’altro a causa del crollo delle vendite dei giornali


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di Jacopo Norfo

“Affitto l’attività dell’edicola, possibilmente a persone del Cep”. Serranda abbassata in via Flavio Gioia, nella storica edicola che ha sempre servito un quartiere popolare. Nel bellissimo messagio di Valter, l’edicolante che qui al Cep conoscono tutti, ci sono due aspetti. Il primo è il grande senso di solidarietà di un rione bellissimo. Il secondo è il dato di fatto della lunga, lunghissima crisi delle edicola in città. Il chiosco del Cep in affittasi fa il paio con le tante edicole che hanno chiuso negli ultimi due anni, praticamente una su tre in città. Un settore fortemente in difficoltà a causa del crollo verticale delle vendite dei giornali cartacei, su tutti l’Unione Sarda che ha perso migliaia di copie e La Nuova Sardegna che ha rinunciato all’edizione di Cagliari.

Con buona pace di chi qualche anno fa aveva teorizzato un futuro non roseo dei giornali online, che oggi invece sono il punto di riferimento della maggioranza dei lettori. Eppure era un bellissimo rito che manca a tanti, l’acquisto del giornale cartaceo col profumo della carta e dell’inchiostro la mattina presto. Il cambio delle tendenze e delle abitudini delle persone ha penalizzato soprattutto loto, gli edicolanti. Con le vendite purtroppo ridotte dei giornali storici, non bastano dvd e figurine spesso per sopravvivere. Poi i giornali vengono venduti anche nei supermercati, e questo non è mai piaciuto a chi si alza all’alba per tirare su una serranda. 

“Lavoro in questo settore da circa 12 anni: 7 da dipendente e 5 da titolare – racconta un edicolante di un comune del cagliaritano – amo il mio lavoro nonostante tutto e tutti. Ho comprato l’edicola cinque anni fa, da qualche tempo essa è precipitata in un buco senza fondo: se dieci anni fa si vendevano circa 100 copie al giorno de l’Unione Sarda, oggi, quando va bene, se ne vendono 30. Noi edicolanti dobbiamo combattere non solo contro la crisi economica che ha travolto tutti, ma contro coloro che in teoria dovrebbero fornirci il materiale per lavorare, contro gli editori che ci costringono a vendere riviste con all’interno le cartoline abbonamento con sconti addirittura del 80%, contro campagne di abbonamenti on line a prezzi stracciati, e ora anche contro i nostri DISTRIBUTORI LOCALI che ogni giorno cercano di affossarci sempre più.  Una cosa che proprio non riesco a capire, dato che vivono grazie alle nostre vendite e al nostro lavoro. Ogni giorno è una dura lotta alla sopravvivenza”.

LA CRISI. Appena 11 mesi fa il sindacalista degli edicolanti Giorgio Durzu era stato intervistato dal nostro Alessandro Congia. 

«Le vendite dell’Unione Sarda in città? Calate drasticamente, poi ci sono mille problemi della nostra categoria, pensate ai centri commerciali, dove i clienti sfogliano giornali e riviste e li lasciano sugli scaffali mentre le moglie fanno la spesa. E i Bar? Ci pensate che vendono anche loro i quotidiani? Pazzesco, ma dico ai miei colleghi edicolanti cerchiamo di non mollare, qualcosa cambierà, anche se da parte degli editori ci auspichiamo un aiuto enorme, non solo quando ci chiedono di pubblicizzare i loro prodotti».  

E’ un fiume in piena, Giorgio Durzu, del Sindacato Nazionale Giornalai D’Italia, Cigil-Si.Na.Gi: dal suo storico chiosco-edicola di Via Roma, fronte porto, snocciola quelle che sono le problematiche di settore, dinnanzi anche ad un fisiologico e naturale calo dell’apprezzamento del “cartaceo” per via della nuova tecnologia, del web journalism e del fatto che la gente legge sempre meno la carta patinata e non. E nella “piramide con il discesometro”, figurano pure anche La RepubblicaLa Nuova e il declino lento anche sugli altri quotidiani.  A Cagliari, quasi a macchia di leopardo, esiste il fenomeno dell’ennesimo chiosco che chiude nel giro di poco tempo: «Non serve nemmeno dare le edicole in gestione – afferma Durzu – è controproducente, poi le spese, le tasse, il guadagno è davvero troppo poco. Poi la liberalizzazione i giornali possono essere venduti anche nei supermercati, dove spesso le persone li sfogliano indisturbate per poi rimetterli a posto. Per non parlare degli abbonamenti online, destinati ad essere venduti solo dagli editori. Insomma – dice Giorgio Durzu – se prima chiudevo tardi la sera oggi non mi conviene più, assolutamente».


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