di Paolo Rapeanu
Tre euro per prenotare l’orario dei colloqui: l’idea arriva da una scuola di Su Planu, nel versante di Selargius, precisamente dall’istituto comprensivo di via Ariosto. E il caso finisce alla ribalta nazionale, con tanto di articolo su Il Sole 24 Ore, nella sezione “opinioni”, dal titolo “Scuola, a Cagliari si paga per saltare la fila ai colloqui con i professori”. Stop quindi alle interminabili code e – come accade da sempre in qualunque istituto scolastico del mondo – anche a possibili litigi tra genitori su chi fosse arrivato prima. Un’ipotesi che presto potrebbe diventare realtà. Nel principale quotidiano economico finanziario italiano parla Vittorio Pellagra, docente alla facoltà di Scienze Economiche di Cagliari. E l’analisi del professore tende a far emergere una “disuguaglianza” legata proprio al versamento dell’obolo. Il concetto è chiaro: sono tre euro e non è obbligatorio versarli, tuttavia ciò rappresenta una “discriminazione”.
“Il canone è volontario, dunque, ma proprio per questo, discriminatorio. I genitori, infatti, che decidessero di non pagare per usufruire del servizio, si ritroverebbero in automatico ad essere scavalcati nella fila dai genitori paganti; indipendentemente dalla priorità guadagnata “sul campo” con l’attesa”, così si legge nell’analisi a firma di Pelligra. “Questa prospettiva non dev’essere piaciuta a molti e infatti i genitori degli alunni della scuola primaria, che si sono incontrati recentemente per deliberare, hanno rifiutato in blocco la proposta. Proposta che però è ancora all’ordine del giorno del prossimo consiglio di Istituto, relativamente alla scuola secondaria. Vedremo come la prenderanno questa volta i genitori. Nel frattempo, la questione è arrivata anche a Montecitorio dove si annunciano interrogazioni al Ministro dell’Istruzione”. E, per il docente dell’UniCa, quella del pagamento per saltare le file ai colloqui porta a dover fare almeno due ragionamenti: il primo è che “crea una disuguaglianza tra chi può permetterselo e chi no, e allora qualche problema c’è”. Il secondo è che “se fossi un figlio e vedessi i miei genitori” in fila normalmente per i colloqui, tra un prof e l’altro, “l’impressione che ne trarrei è quella di avere dei genitori a cui importo”. Pagando, invece, “forse no”.












