Una volta incassato, è andata. 5.500 euro in regalo per comprare pc, tablet e smartphone che però non si sa a chi vengano destinati. In teoria, tutto quel materiale altamente tecnologico – 5.500 euro sono un mucchio di soldi – dovrebbe essere utilizzato per attività esclusivamente finalizzate all’attività politica. Trattandosi di soldi pubblici, ovvero di soldi dei contribuenti e cioè dei cittadini dunque di tutti noi, all’attività pubblica dovrebbero tornare. Invece no. Una volta che i parlamentari italiani, i più retribuiti d’Europa, comprano quello che serve con il bonus che ricevono varcata la soglia di Montecitorio, possono regalarlo a chiunque, figli, mogli, amici, amanti, fratelli o sorelle. O chi per loro.
Gli onorevoli, undici i deputati sardi in questa legislatura, non devono rendere conto a nessuno di quello che fanno. Non devono rendicontare le spese né essere sottoposti a controlli, una sorta di immunità economica, diciamo così, che consente loro di fare quello che vogliono con i soldi pubblici. Perché il regolamento è quello.
Un po’ come funzionava in consiglio regionale prima del maxi processo ai consiglieri regionali che, secondo i magistrati, usavano i fondi destinati ai gruppi per qualunque cosa – dall’organizzazione dei matrimoni ai centri estetici, dall’arredo casa ai centri benessere – tranne che per quello a cui erano destinati, come hanno certificato le decine di condanne che si sono susseguite negli anni.
La Camera resta ancora zona franca: nessun regolamento e nessun controllo. Sui soldi che faticosamente i cittadini tirano fuori.
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