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Una Regione sordomuta, davanti ad un comparto allo stremo. Stamattina erano in 4.000 a protestare, striscioni e bandiere gialle: tra loro agricoltori, pescatori e pastori sardi, una trentina i trattori a passo d’uomo che hanno fatto da apripista al lungo serpentone di manifestanti, sostenuti dalla Coldiretti. Tra loro anche 150 sindaci da tutta l’Isola, un fronte comune che non ha risparmiato le bordate a mamma Regione, prima il sit in davanti a Piazza Trento, poi da viale Trieste fino a via Roma, di fronte al palazzone del consiglio regionale: “Non possiamo mollare – dice Battista Cualbu, Coldiretti Sardegna – migliaia di famiglie sono in ginocchio per i problemi annosi della nostra economia locale, la situazione in campagna è davvero difficile e questa Istituzione la conosce molto bene perché è dal giorno dell’inizio della legislatura che Coldiretti Sardegna, lealmente e con spirito collaborativo, l’ha denunciata accompagnandola con le proposte per superarla. Con senso di responsabilità si è accollata l’onere dell’attesa delle risposte quando la base degli imprenditori agricoli già lamentava la necessità di una discesa in piazza per la risoluzione dei problemi. Tuttavia si è riscontrato poco ascolto e soprattutto meno fatti volti a dare delle risposte alle emergenze e (ancor di meno) alla programmazione”.
Ecco in sintesi i punti salienti sulle rivendicazioni del’intero comparto, che oggi ha marciato su Cagliari per gridare ad alta voce la sofferenza di famiglie e operatori.
OVICAPRINO. La situazione del settore è allo stallo. E’ da un anno che Coldiretti Sardegna ha lanciato l’allarme sul pesante momento speculativo che si sta perpetrando alle spalle dei produttori di latte dell’isola. Impropriamente il mondo della trasformazione ha denunciato il fatto che ad un normale riallineamento della domanda all’offerta, si affiancavano voci ripetute ed ingiustificate di abnormi possibili produzioni di latte ovino per via di una stagione invernale mite, tali da ipotizzare oltre 100 milioni di litri di latte in più.
Tali dichiarazioni, smontate da Coldiretti Sardegna con il conforto tecnico di una pubblicazione sui mass media del professore Giuseppe Pulina, si sono poi rivelate una bufala. Ai 430 milioni di litri di latte che il mondo della trasformazione insieme al cons. pec. Romano prevedevano, la realtà dei fatti riporta per il 2016 a una produzione totale di latte lavorato in Sardegna sotto i 290 milioni di litri (dati dell’organismo di controllo Ineq).
In quel periodo è iniziato il percorso sull’interprofessione, fatto importante in un momento ancora positivo. E da subito sono state chieste da Coldiretti Sardegna garanzie per tutti gli attori della filiera accompagnati da importanti interventi: dal prestito di conduzione per evitare le “maledette” caparre, agli interventi di capitalizzazione del sistema cooperativo che, infatti, oggi è quello che soffre maggiormente il momento di crisi, essendo pesantemente sottocapitalizzato.
Nel frattempo, mentre la trasformazione non è riuscita a mettersi d’accordo e ad arrestare la caduta del prezzo del Pecorino romano, ha continuato a dare le colpe dell’iperproduzione dello stesso formaggio al troppo latte, anche quando a fine campagna 2016 si è dimostrato che non vi è stata maggiore quantità di latte prodotto. Insomma la trasformazione sarda ha prodotto 356 mila quintali di pecorino rispetto ai 300 mila del 2015 solo per paura che ci fosse troppo latte. Una paura letta da tutti gli attori del mercato, compresi i grandi compratori americani che quando hanno visto che il settore era in stallo hanno cominciato ad aumentare le pretese di sconto, portando il Pecorino romano a perdere 5 euro al chilo all’ingrosso nell’arco di un anno.
Coldiretti Sardegna è convinta che un prezzo di 10 euro al chilo fosse difficilmente sostenibile dal mercato ma ritiene anche che con un intervento volontario di regolazione della produzione così come con la prudenza sulla gestione dei dati produttivi non si sarebbe raggiunta una perdita stimabile per la filiera di circa 150 milioni di euro. Oggi a pagare le inefficienze di chi non è riuscito ad organizzarsi per evitare questo tracollo sono i pastori. Come sempre. Infatti il prezzo del latte è passato da 1 euro di fine campagna 2015 ai 0,55 centesimi di euro di questa campagna.
Moltiplicando il differenziale di prezzo per il latte prodotto, cioè poco meno di 290 milioni, il conto è presto fatto: i pastori pagano la perdita dell’intera filiera di circa 150 milioni per una cifra pari a 130 milioni di euro.
Queste non sono favole. E’ quanto nel complesso perdono gli oltre 12 mila pastori della Sardegna:
E’ per questo che Coldiretti chiedeva:
• un tavolo urgente sul prezzo del latte che non è mai stato convocato.
• di interrompere il tavolo dell’interprofessione che, sino a quando non si sarebbero chiariti bene i rapporti dentro la filiera, rischiava e rischia di diventare purtroppo un flop, soprattutto perché con un pagamento della materia prima a 55 centesimi (eccetto i pochi fortunati che hanno sottoscritto dei contratti a 80 ed 85 centesimi) moltissime aziende chiuderanno, dovendo sopportare perdite eccessive, con un costo di produzione che si attesta nettamente al di sopra della remunerazione che si sta attualmente pagando.
Oramai è tardi per correttivi o ripensamenti e non c’è neppure tempo per critiche e processi ai responsabili di questo sfascio. In ballo c’è (purtroppo senza enfasi) la sopravvivenza di un comparto, del quale si conosce l’importanza dal punto di vista economico, sociale, culturale e identitario.
Per evitarlo l’unica soluzione, in questo momento, è che si strutturino importanti sostegni diretti al reddito dei pastori, necessari per colmare queste perdite. Strada che non si sarebbe mai voluta percorrere perché i pastori della Sardegna sono dei veri e capaci imprenditori che non meritano di essere umiliati da un assistenzialismo inutile solo per colpa di chi si è dimostrato per l’ennesima volta incapace di programmare e organizzare il proprio lavoro, essendo abituato a privatizzare i profitti e socializzare i debiti, speculando e scaricando i problemi sull’anello più debole della filiera.
PROPOSTE:
• che ogni centesimo pubblico destinato al comparto debba avere una ricaduta certa e diretta sui pastori;
• di verificare e accelerare l’apertura del bando per gli indigenti con un’opportuna dotazione finanziaria;
• la compensazione del reddito dei pastori con un intervento di circa 40 milioni con il de minimis che possa essere prontamente erogato ai pastori della Sardegna( la Regione Sardegna sta ancora pagando l’intervento de minimis art. 7 legge 15 /2010 sulla diversificazione produttiva con ben 5 anni di ritardo, chiediamo altri strumenti!!)
• di attivare il prestito di conduzione, ormai più volte deliberato e richiesto ma ancora inattuato;
• l’attivazione della misura del Psrn (programma di sviluppo rurale nazionale) 17.3 Strumenti di stabilizzazione del reddito: è prevista dal regolamento sullo sviluppo rurale per la gestione del rischio. Un fondo mutualistico per le compensazioni in caso di riduzione del reddito subito dall’azienda agricola;
• un intervento straordinario per lo sblocco immediato dei fondi del Psr, con anticipi su indennità compensativa e su benessere animale;
• l’impegno da parte del settore della trasformazione di mettere a disposizione i dati produttivi sul latte con cadenza mensile,
• l’istituzione di una commissione d’inchiesta regionale che monitori il funzionamento del Consorzio pecorino romano e vada ad approfondire l’utilizzo delle risorse finanziarie investite dallo Stato e dalla Regione sul Consorzio LATTE,
• il Consorzio di secondo livello che consentirebbe di dare maggior forza al mondo cooperativistico oggi in netta difficoltà. Si tratterebbe di aggregare in un unico consorzio tutte le cooperative che producono Pecorino romano, con la compartecipazione in fase di start up della Sfirs. In questo modo si unirebbe una parte oggi disaggregata che produce oltre il 60 per cento del Pecorino romano, consentendogli di esercitare e imprimere nel mercato la propria forza.
FILIERA DEL GRANO. Il mondo cerealicolo è attraversato da una crisi senza fine. Nell’ultimo anno il prezzo del grano è crollato del 30 per cento, passando dai 30 euro del 2015 a meno di 20 nel 2016 (nel 1976 un contadino per un quintale di grano riceveva più di quanto non riceva oggi: 48 mila lire rispetto ai 20 euro di quest’anno).
Negli ultimi 12 anni la superficie destinata alla coltivazione del grano è scesa del 60 per cento, perdendo 58.129 ettari. Si è passati dai 96710 ettari coltivati nel 2004 ai 38581 del 2015.
Ma il rischio è anche quello di perdere questi 40mila ettari (non si riesce a pagare i costi di produzione) se non ci saranno misure immediate e forti in grado di difendere il grano sardo da questa crisi dovuta alla concorrenza sleale che arriva dall’estero.
PROPOSTE:
l’istituzione di un osservatorio permanente sulle produzioni e sulle quotazioni dei cereali in Sardegna alla stregua di quello nato per il settore ovicaprino.
Un intervento regionale per l’utilizzo all’interno di tutte le mense pubbliche di pane e pasta made in Sardegna utilizzando grano 100% sardo,
Rifinanziamento del de minimis ex legge 15/2010 ed estensione alle microfiliere locali.
PREMI COMUNITARI BLOCCATI. La situazione è da troppo tempo insostenibile. Il comparto non è più in grado di reggere il ritardo dei pagamenti dei premi della Pac. Sono tante e da diversi anni, infatti, le domande bloccate che non consentono l’arrivo in azienda dei premi comunitari ormai già messi in bilancio. Occorre intervenire immediatamente e in modo deciso.
PROPOSTA
Per dare delle risposte a questi infiniti ritardi Coldiretti Sardegna ha chiesto di istituire una task force all’interno di Argea per smaltire tutto l’arretrato e portare in linea i pagamenti del PSR della Regione Sardegna. E’ un momento straordinario per le campagne, servono interventi straordinari dove tutto l’apparato degli Enti Agricoli deve essere solidale con le imprese mettendo il massimo sforzo nella risoluzione dei problemi.
ORGANISMO PAGATORE REGIONALE. Ormai sono passati tre anni dalla richiesta dell’istituzione dell’Organismo pagatore regionale, più volte deliberata ma mai attuata. Con un’Agea azzoppata dai tagli statali, che ne limitano l’operatività, la Regione deve avere il coraggio e soprattutto la forza di ottenere l’accreditamento dell’Organismo pagatore regionale che snellirebbe le procedure e agevolerebbe la liquidazione delle pratiche in minor tempo.
Si tratta di uno di quei percorsi virtuosi che si devono intraprendere per avvicinare la pubblica amministrazione ai bisogni reali delle imprese agricole. L’attuale organico presente in Argea (L’agenzia regionale sarda che funge da ente istruttore e non ente pagatore) è notevolmente superiore a quello dell’Agea Nazionale che serve numerose regioni Italiane, pensiamo a quanto si potrebbe fare per l’agricoltura Sarda.
REFRESH. A causa delle anomalie riscontrate per il nuovo Refresh è stato congelato il pagamento di decine di milioni di euro di premi comunitari. Dal mese di novembre 2014 Coldiretti Sardegna ha sollevato pubblicamente il problema. L’ultimo aggiornamento delle aereofotografie effettuato da Agea (2013), penalizza oltremodo la Sardegna, le zone interne in particolare, in quanto non rispecchia il nostro territorio caratterizzato da un’alta estensione della macchia Mediterranea.
Una vertenza lunga. Si è dovuto aspettare un anno, prima che nell’ottobre 2015 fosse accolta la soluzione prospettata dalla Coldiretti: la riapertura dei termini per riesaminare le istanze delle domande del Psr e della Pac nelle quali sono state riscontrate delle anomalie a causa del refresh. Dopo oltre un anno però gli sportelli regionali, in cui dovevano essere riesaminate queste pratiche, non sono stati ancora attivati.
PSR 2014 – 2020 ANCORA FERMO. La Sardegna non è riuscita a spendere 28,346 milioni di euro (tra fondi comunitari, statali e regionali) del vecchio Psr ed è al terzo posto nella lista nera delle Regioni italiane che hanno disimpegnato più fondi comunitari (dopo Sicilia e Campania); senza contare che diversi milioni sono stati spesi all’ultimo momento: 10,7 milioni per l’acquisto di mezzi (vedi terne) di cui l’agricoltura sarda non potrà mai goderne gli effetti. Insomma soldi spesi tanto per rendicontarli.
A un anno e mezzo dal via libera arrivato dall’Europa per il nuovo Psr 2014-20, sono stati aperti, pochi bandi con tutte le conseguenze per le imprese agricole atteso che il Psr è lo strumento più importante per il sostegno e lo sviluppo dell’agricoltura. E’ emblematico il bando per i giovani avviato nel luglio del 2015 e non ancora pienamente operativo per aver subito sospensioni, revoche e proroghe. La Regione Sardegna, se la gestione del PSR 2014-2020 prosegue al ritmo finora rilevato, sarà destinata a restituire fondi comunitari e statali.
Su questi ritardi ha influito l’aver “smontato” e “parcheggiato”, il Sistema informatico agricolo regionale( Siar), per il quale la Regione ha speso diversi milioni di euro (decisione tra l’altro che va nella direzione opposta all’istituzione dell’ente pagatore regionale). Ad esempio, è utile ricordare che nel bando della sottomisura 4.1 non esistono ancora gli applicativi informatici per l’istruttoria informatizzata e dunque viene vanificato il requisito della immediata cantierabilità che è stata richiesta alle imprese agricole e viene disatteso del tutto la tanta sbandierata semplificazione amministrativa e la promessa tempestività della risposta dell’amministrazione che doveva essere rilasciata entro 60 giorni.
CREDITO. L’indebitamento dell’agricoltura sarda nei confronti delle banche è stimato in circa 800 milioni di euro. La vecchia provincia di Cagliari è il territorio con più debito incagliato ed in sofferenza d’Italia dopo la provincia di Latina, rappresentando oltre il 60% del dato regionale.
La ristrutturazione del debito, insieme ad altri interventi finalizzati a favorire l’accesso al credito, è indicata nel Programma Regionale di Sviluppo (PRS) approvato, nel 2014, dalla Giunta e dal Consiglio regionale. Eppure su tale articolato, complesso e ambizioso obiettivo non è stato avviato neppure fatto lo stato dell’arte. E’ scoraggiante rilevare la distanza che c’è tra i documenti che vengono elaborati ed il concreto dispiegarsi delle conseguenti azioni.
PROPOSTA
Coldiretti Sardegna propone un intervento sinergico tra la Regione, la Sfirs e le banche per individuare un percorso per la ristrutturazione e il riposizionamento dei debiti che consenta alle tantissime aziende agricole di scrollarsi dei pesi del passato derivanti spesso da azioni politiche poco attente. Azione questa che deve essere inclusiva anche del mondo cooperativistico che ha una forte esposizione debitoria.
COSTO ACQUA. Incide moltissimo nei bilanci delle aziende essendo l’agricoltura il comparto che presenta un fabbisogno irriguo pari al 70% della disponibilità complessiva. Gli imprenditori agricoli vivono ancora nell’incertezza di un costo certo dell’acqua dovuta ad una legge riformata che non ha funzionato.
PROPOSTA
E’ necessario, se si vuole una agricoltura competitiva, innanzitutto garantire quantità adeguate di acqua ed a costi sostenibili e certi, senza scaricare i debiti della mala politica attuata negli anni dai Consorzi di bonifica ai consorziati, come sta avvenendo in questi giorni in quelli commissariati.
La Regione deve mettere in atto il piano di riorganizzazione delle strutture dei Consorzi di bonifica, che dovranno avere maggiore autonomia gestionale, essere liberati dalle ingerenze del mondo politico, ed ottenere un sostegno finanziario regionale finalizzato ad attenuare le ricadute dei costi di gestione sugli agricoltori. Gestire gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per abbattere il costo dei ruoli;
Superare la gestione commissariale nei consorzi di bonifica; Risanamento finanziario dei consorzi, attraverso la nomina di un commissario ad acta per l’accertamento e la liquidazione della passività; Una norma che garantisca e certifichi le risorse finanziarie che garantisca e certifichi le risorse per garantire una gestione sostenibile della risorsa idrica quale strumento per le imprese, il territorio e la società.
EPIZOZIE. Sono troppe le emergenze sanitarie animali che hanno colpito la Sardegna in questi ultimi 20 anni evidenziando un sistema sanitario e preventivo inefficiente e inefficace. Si arriva sempre in ritardo, quando ormai le malattie si sono diffuse in tutto il territorio, compromettendo la salute degli animali e spesso la tenuta delle aziende. Le conseguenze, infatti, oltre per il contingente (gravissime) spesso lasciano dei lunghi strascichi che incidono pesantemente nella produzione e dunque nella rendita dell’azienda.
Finora non ci sono stati grossi risultati. Si è sempre in emergenza, c’è troppo burocrazia e poche azioni pratiche e soprattutto nessun colpevole. I costi ricadono sempre nelle tasche degli allevatori e in quelle pubbliche. Manca la prevenzione, per questo Coldiretti Sardegna ribadisce la necessità di una struttura strategica che si occupi in modo sistemico ed esclusivo della programmazione e lotta alle emergenze sanitarie animali. Il funzionamento dei PIF (Punti di Ispezione Frontaliera) per prevenire il contagio attraverso la importazione di specie infette.
FAUNA SELVATICA. Anche su questo fronte si riscontrano insufficienti risposte nonostante una lunga e costante richiesta di intervento con una politica seria e programmata che contenga l’imperversare di cinghiali, cornacchie, cervi, cormorani e nutrie. Animali che stanno crescendo in maniera esponenziale e con essi i danni subiti dalle aziende agricole che spesso si ritrovano a non poter programmare con tranquillità il proprio lavoro.
Senza contare che non possono neppure usufruire in un ristoro per i danni subiti per via della troppa burocrazia e delle sempre più esigue somme stanziate. Chiediamo quindi azioni efficaci per il controllo delle popolazioni degli animali dannosi e il rafforzamento degli interventi di indennizzo compatibilmente con gli aiuti europei.
VERTENZE COMPARTO PESCA E ACQUACOLTURA. Il settore sta vivendo un momento di difficoltà fra i peggiori degli ultimi vent’anni, mentre i consumi di prodotti ittici sono soddisfatti dai prodotti di importazione per oltre l’80%.
QUESTIONI GENERALI
I problemi del settore sono schiacciati sotto il peso delle emergenze di altri comparti, e mentre l’Unione Europea ragione in termini di Politiche Marittime Integrate, noi chiediamo con forza una Direzione Generale che possa dare dignità al Comparto, le cui competenze sono oggi frammentate in almeno 4 Assessorati diversi.
A tre anni dall’inizio della programmazione comunitaria del FEAMP – 2014/2020, chiediamo l’immediata pubblicazione dei bandi per evitare che, come già accaduto nella scorsa programmazione Comunitaria (FEP 2006/2013) la Sardegna sia la maglia nera a livello nazionale e forse Europeo in termini di spesa, con un terzo delle somme non impegnate.
Chiediamo inoltre una politica di accesso al credito che possa consentire alle aziende di cogliere l’opportunità di utilizzare i fondi europei a disposizione. Ad oggi le Aziende di questo settore produttive sono state dimenticate dagli interventi regionali e della SFIRS.
Appare quanto mai necessaria un’azione di controllo e repressione nei confronti dei fenomeni di pesca illegale ed abusivismo, che hanno portato ad un vero e proprio mercato parallelo dei prodotti ittici che danneggia gli operatori seri, favorito dalla mancanza di trasparenza e tracciabilità sul mercato. In questo senso è urgente istituire un osservatorio che fornisca dati reali sulle produzioni locali.
Il problema dei Cormorani, dei Delfini ed in genere di tutta la fauna selvatica e delle specie protette o “non cacciabili” stanno creando gravi danni, senza che mai si sia lavorato per una soluzione seria e definitiva. Chiediamo quindi una Legge Regionale ad Hoc, da notificare immediatamente all’Unione Europea, per risarcire i danni pesantissimi subiti ogni anno dagli operatori.
PICCOLA PESCA COSTIERA
La Piccola Pesca costiera (poco oltre 1000 delle circa 1300 barche iscritte in Sardegna) è sempre più in difficoltà, alle prese con normative sempre più “distanti”, legate alla poca sensibilità delle istituzioni europee verso questo segmento sconosciuto ai paesi della fascia atlantica del continente e con un mercato che non riesce a valorizzare le tipicità e le produzioni locali. Chiediamo inoltre che la Regione si attivi per richiedere l’ampliamento delle quote di Tonno e di Pesce spada in capo ai piccoli operatori nonché l’ampliamento delle quote relative alle catture accessorie.
ACQUACOLTURA E LAGUNE
Per quanto riguarda l’acquacoltura chiediamo l’approvazione immediata di una Legge Regionale che regolamenti il rinnovo delle Concessioni Demaniali Marittime e che consenta la rideterminazione dei canoni annui. (In questo senso facciamo presente che ad esempio, dei 4.400.000 euro assegnati nel vecchio FEP la spesa è stata di circa 400.000 euro, con 4 milioni di euro non spesi (Dati ARGEA Sardegna). Ciò, va chiarito, perché le Aziende non potevano garantire la “cogenza” delle Concessioni Demaniali Marittime per il periodo minimo di 5 anni, requisito fondamentale richiesto dalla CE. E la soluzione proposta dagli Uffici, di richiedere alle Aziende costose fidejussioni Bancarie ed Assicurative non ha sortito effetto, poiché tali garanzie sono risultate difficilmente ottenibili in questo contesto economico e finanziario, se non a condizioni che non rendevano sostenibile l’investimento.)
PROBLEMATICHE CALAMITA’ NATURALI
Le ormai sempre più ricorrenti calamità naturali, (incendi, alluvioni, neve, ecc.) richiedono un nuovo modo di gestire le emergenze ed i ristori alle aziende colpite. Diviene sempre più necessario creare un meccanismo secondo il modello della Protezione civile per la gestione operativa del sistema delle emergenze e della prevenzione nelle campagne anche attraverso l’utilizzo del D.L. 288/2001 e dare certezza con Argea nella tempestività dell’accertamento e della liquidazione del danno.
FILIERA SUINA
Il settore suinicolo piange ormai da troppi anni il peso della peste suina africana. Gli ultimi interventi, seppur più concreti dei precedenti, ancora oggi non hanno portato alla possbilità che la filiera suinicola sarda possa vivere delle stagioni positive per lo sviluppo di un comparto che potrebbe dare numerosi posti di lavoro in Sardegna. Si chiede un intervento risolutivo e definitivo che ridia dignità a questa filiera. Quasi il 50% del patrimonio suino perso dal 2011 ad oggi (oltre 100.000 capi) con i relativi posti di lavoro e reddito diretto ed indiretto.
FILIERA BOVINA
la programmazione della nuova misura sul benessere animale bovino non è premiante per gli allevamenti da carne della Sardegna che sviluppano la linea vacca vitello. Occorre una revisione che aprà anche agli allevatori che producono i blue tarde la possibilità di accesso al premio.
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