
Un’Isola fuori dal tempo tra paesaggi arcaici e avanzi di Feudalesimo: s’intitola “Baroni in Laguna/ Appunti sul Medioevo in un angolo d’Italia a metà del XX secolo”, lo spettacolo del Teatro del Segno, liberamente tratto dall’omonimo saggio-inchiesta di Giuseppe Fiori, in programma DOMANI (giovedì 28 novembre) alle 9.30 e alle 11.30 al Teatro Alkestis di via Loru 31 a Cagliari con due matinées dedicate ai ragazzi delle scuole. La pièce – interpretata da Stefano Ledda (che firma anche adattamento e regia) con le suggestioni sonore della chitarra di Andrea Congia e del sax di Juri Deidda – mescola cronaca, atti giudiziari e immagini d’epoca (rielaborate da Paolo Trebini) per raccontare la rivolta dei pescatori di Cabras contro l’anacronistico regime feudale che sanciva come immutabile un diritto di proprietà ormai superato dalla Storia e dalle leggi.
Una rivoluzione culturale che nasce da una rinnovata coscienza della propria dignità, ma anche sulla spinta della miseria e della fame, e diventa però un processo inarrestabile in cui le donne giocano – accanto ai loro uomini, mariti, padri, fratelli e figli – un ruolo fondamentale. Lo sguardo femminile anticipa e illumina il cambiamento: dove era la paura insorge la rabbia, l’indignazione e perfino il disprezzo, ed è in questa forza segreta uno dei fascini di una narrazione sapiente, ritmata e via via più incalzante in un crescendo che tocca e coinvolge gli spettatori.
Partendo da un fatto di cronaca – un assassinio apparentemente senza movente – Fiori si inoltra nel terreno insidioso delle norme implicitamente imposte e accettate su cui si regge un sistema di equilibri antico e apparentemente immutabile: la verità affiora a brandelli, in un silenzio assordante si scopre come l’origine del male sia, come spesso, in un’ingiustizia che contrappone ricchezza e potere a indigenza e disperazione.
Lo stupore del cronista, improvvisamente proiettato in un nuovo Feudalesimo tra gli Anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando l’Italia viveva il sogno inebriante del boom economico, diventa quello del lettore e del pubblico e la dura lotta dei pescatori; dapprima quasi esitanti, poi sempre più convinti delle proprie ragioni, si trasforma nella lotta di tutti – uomini e donne – in difesa dei diritti inalienabili: alla vita e alla dignità di cittadini, al nutrimento, all’uso del territorio, alla condivisione delle risorse per il bene comune. Battaglie di ieri e di oggi su temi ancora scottanti e assolutamente attuali, su cui anche si misura il grado di civiltà di un popolo e di una società.