Andrea Frailis a Radio CASTEDDU spiega: “Secondo alcune testimonianze che io ho raccolto a Roma, in qualche momento, probabilmente, non abbiamo gestito bene la zona bianca perché forse hanno potuto liberamente girare per i paesi e le città della Sardegna gli asintomatici che, così, hanno portato all’aumento dei contagi. Questa è una delle ipotesi; l’altro capitolo è che cosa si deve fare adesso: è un po’ difficile dirlo io credo che al di là della ricerca delle responsabilità e di altre polemiche che dobbiamo lasciare da parte, penso che i problemi siano stati nel tracciamento dei contagi. È sempre un’ipotesi, non sono un tecnico ma è la causa che sta girando. Bisogna passare a un tracciamento attivo: se un positivo deve dichiarare con quante e quali persone ha avuto dei contatti nei giorni che precedono la scoperta della positività, bisogna passare a un tracciamento, cioè interrogare tutte le persone che hanno avuto un’interazione sociale con il positivo perché non basta più e ne stiamo pagando le conseguenze. Probabilmente in Sardegna paga anche un difetto di comunicazione e io sono la prova vivente dei rischi che ho passato: il 17 di marzo sono tornato da Roma in aereo e ho scoperto, poi, che ho viaggiato vicino a positivo. Mi è stata comunicata la positività di questo passeggero e sono rimasto due settimane in isolamento. Mentre mia moglie e mia figlia hanno ricevuto la data e il luogo dove effettuare il tampone, io non ho mai ricevuto questa comunicazione e ho dovuto fare il tampone da solo. Io non sono per il passaporto vaccinale ma penso che sia opportuno fermare i positivi ai varchi di porti e aeroporti. Basterebbe un tampone rapido a Roma o Milano che alcuni fanno già in maniera efficace.
C’è un solo modo per uscire da questa situazione, ossia aumentando in maniera eccezionale i luoghi dove vaccinare e l’acquisizione delle dosi di vaccinazione. Probabilmente è stato sottovalutato il rischio in cui andiamo incontro: gira un virus molto contagioso con una variante che è eccezionalmente contagiosa: io personalmente ho visto per strada che la gente raramente indossa la mascherina e mi è capitato di assistere a una scena in cui dei passanti hanno invitato a due ragazzi di mettersi la mascherina e sono stati presi a male parole. C’è una sola verità: si riapre solo ed esclusivamente se cambiano i dati dei contagi altrimenti, aldilà della disperazione della gente per cui bisogna trovare soluzioni serie, si apre solo se cambiano i dati dei contagi e se cala la pressione negli ospedali sardi e nei reparti di terapia intensiva”.
Risentite qui l’intervista a Andrea Frailis del direttore Jacopo Norfo e di Paolo Rapeanu
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