Alessandro Canu ha 30 anni, da tre la sua vita è scandita – lavorativamente parlando – dalla pesca nello stagno di Santa Gilla. Cozze, arselle, vongole: tutto ciò che l’acqua offre, per lui diventa un prezioso guadagno da portare a casa. Una moglie, una figlia di otto anni, una casa con un affitto da pagare, “400 euro al mese, più varie rate per altre cose” e 1200 euro al mese che non ci sono più, da quando l’alluvione ha “ucciso tutto il raccolto. Siamo con l’acqua alla gola”, confessa, con tristezza, Canu. “La Regione deve intervenire, ripristinando i lavori idraulici dal territorio di Assemini, è da lì che scarica tutto, detriti e veleni”.
E, con una bimba piccola che va a scuola, il “peso” della crisi si trasforma in un macigno: “Prima, quando mia figlia andava bene a scuola, potevo comprarle un giocattolo. Ora non posso più, deve accontentarsi di un abbraccio dal suo papà che lotta”, dice il 30enne, “qui in Sardegna è difficile fare qualunque lavoro, ovunque vai ti sbattono le porte in faccia”.











