Adda passà a nuttata, di e con Marco Sanna e Francesca Ventriglia

La favola crudele di Macbeth diventa “Adda passà a nuttata” nella versione di Meridiano Zero


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Un dramma elisabettiano riletto in chiave contemporanea per la Stagione di Prosa 2017-18 del CeDAC: s’intitola “Adda passà a nuttata” la pièce diMeridiano Zero – scritta diretta e interpretata da Marco Sanna e Francesca Ventriglia e liberamente ispirata al “Macbeth” di William Shakespeare- in cartellone giovedì 1 marzo alle 21 al Teatro Comunale Nelson Mandela di Santa Teresa Gallura nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.

Viaggio nella mente di una coppia di assassini, «due amabili vecchietti che si tengono per mano dopo aver commesso una strage» rinchiusi in un luogo indefinito – carcere o manicomio criminale: creature apparentemente innocue ma dal cui passato affiora a tratti il ricordo di tremendi delitti, compiuti in una sorta di delirio a due. Una spirale di cieca violenza e di sangue che nella tragedia del Bardo inglese scaturisce dall’ambizione e dalla sete di potere, un un’atmosfera gotica, tra apparizioni di streghe e ambigue profezie: il barone di Glamis spronato dall’indomita Lady decide di dare una mano alla fortuna, assassinando il re e innescando così un meccanismo infernale, una serie di eccidi e tradimenti, che si concluderà soltanto con la sua morte.

Trasportata in un’epoca più recente, la storia della coppia criminale – tra le molteplici eco nella cronaca – offre molteplici spunti di riflessione sulla capacità di assuefazione, sulla consuetudine con il delitto che attraverso i mass media – televisione, radio e giornali – e i moderni social network invade quotidianamente le nostre vite. “Adda passà a nuttata” – con un chiaro riferimento al teatro di Eduardo De Filippo – rappresenta il primo capitolo di B-tragedies – “trilogia Shakespeariana trash” che affronta le più celebri tragedie del grande drammaturgo inglese da prospettive insolite, attingendo ad un immaginario condiviso in un interessante gioco di contaminazioni di generi e stili.

Se la trama è nota fino all’amaro epilogo, i due protagonisti si trovano ora al di là del bene e del male, in un limbo, un tempo sospeso in cui possono ripercorrere le proprie gesta, di cui hanno quasi perso memoria, dopo il giudizio del mondo e la condanna, costretti a condividere un loro privato inferno. Nessuna catarsi, nessuna redenzione possibile, solo una reiterazione della colpa e unica possibile consolazione l’oblio. La pièce – impreziosita da luci e suoni di Marco Casada– ricostruisce la carneficina compiuta dai due spietati assassini in un tutto il suo orrore e la sua insensata e inusitata violenza, ma è inevitabile il paragone con altre analoghe vicende, non meno terrificanti proprio per l’apparente “normalità” dietro cui si nasconde un cuore di tenebra.

Focus sulla natura dei criminali e sulla “banalità del male” che fa notizia e riempie i palinsesti, fa salire l’audience in una sorta di voyeurismo che si nutre di dettagli morbosi, di particolari efferati: in fondo i veri “mostri” siamo noi, complici ignari e involontari di chi impugna un coltello o una pistola e si lascia travolgere dall’ira e dall’odio in un attimo di “follia”.

«Si tratta di un lavoro in bassa fedeltà, per fronteggiare la crisi. Alla base c’è una coppia, una particella familiare infeconda e infetta, un nucleo respingente che non contempla l’esistenza del mondo al di fuori delle proprie quattro mura di casa, che distrugge tutto ciò che osa interporsi fra loro e la ricerca della pace, della tranquillità» spiegano Marco Sanna e Francesca Ventriglia. Tra continui cambi di registro, la pièce affronta temi complessi e delicati, come il lato oscuro, mescolando linguaggio splatter e poesia.

«L’antidoto scenico utilizzato contro la falsa cultura è la stupidità» che diventa una sorta di lasciapassare per «calpestare i pregiudizi, il decoro, il falso rispetto verso il dolore degli altri» mettendo a nudo la veritàmentre le B-tragedies ricalcano il modello dei B-Movies «con facili battute e ovvi doppi sensi per attirare il pubblico e il facile consenso».

Marco Sanna e Francesca Ventriglia si rifanno alla lezione di Eduardo De Filippo, per il quale «Il teatro sta in ogni disperato tentativo di dare senso alla vita».

«Se la vita è ridotta a poca cosa allora anche piccole cose diventano teatro, le piccole tragedie appunto, le tragedie di serie B. Dentro questo lavoro entrano le nevrosi del quotidiano insieme agli insegnamenti dei grandi maestri. Troviamo le parole di Eduardo, tutto il suo mondo “di sacrifici e di gelo” – ribadiscono i due artisti. «Nelle B-tragedies incontriamo quei disgraziati che nelle cronache dell’Italietta contemporanea ammiccano dietro lo schermo televisivo, la sfilza insomma dei morti ammazzati e relativi assassini, quasi sempre padri di famiglia, insospettabili vicini di casa che si accaniscono contro il sangue del proprio sangue o quello del loro prossimo dirimpetto. Entrano i personaggi di Shakespeare, immortali, che attraverso le loro parole, la loro realtà messa in scena ad opera d’arte, riescono a impressionarci sempre e a tal punto da farci spiattellare da soli i nostri crimini.»

 


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