Settemila anime, nel rione “immerso” tra Santa Gilla e la necropoli punica i problemi sono quelli tipici delle periferie. “Molti negozi chiudono strozzati dalla crisi, la zona non viene valorizzata. Tanti genitori hanno i figli adulti, senza lavoro, in casa”
La laguna a pochi passi, Tuvixeddu praticamente dietro l’angolo: a Sant’Avendrace si fanno i conti con la crisi, e nel viale che porta il nome del quartiere il clima è quello tipico del “si potrebbe stare meglio”. I negozi non mancano, ma molti sono ormai un ricordo: c’è chi ha provato a fare business in periferia, ma ha dovuto “fare i conti con i conti”. C’è il problema eterno dei parcheggi – pochi – ma soprattutto, anche tra i negozianti, c’è quella sensazione di essere al centro della storia e della cultura, ma di esserci quasi per sbaglio. Questo perché “le istituzioni non valorizzano sufficientemente le unicità della zona”.
Davide Casti, da due anni e mezzo, è il titolare di una gastronomia. “I turisti chiedono dove è l’entrata per Tuvixeddu, e io sono costretto a dire loro che, almeno qui, non c’è. La necropoli dovrebbe essere valorizzata molto di più”. Maurizio Incostante, da decenni, vende pizze: “Tanti negozi hanno chiuso, non si fa abbastanza per rilanciare la zona. Eppure ci sono molti uffici, Sant’Avendrace merita molto di più”. Da oltre mezzo secolo Giuseppina Concu vende orologi e gioielli. “L’aria che tira non è delle migliori, i centri commerciali ci hanno tagliato le gambe e i parcheggi sono un miraggio. Servirebbe sicuramente più vigilanza, la sicurezza non è mai troppa”.











