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Massimo Zedda: “Cagliari è tornata indietro di decenni, voglio tornare per farla più bella”

di Sara Panarelli
14 Maggio 2024
in cagliari

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“Se ho tradito Cagliari? Non scherziamo. Ho accettato di candidarmi alla presidenza della Regione nel 2019 sapendo di andare incontro a una sconfitta sicura, ma l’ho fatto per spirito di servizio, non sempre le cose si fanno per vincere, ma anche per raccontare idee e visioni”. Massimo Zedda di perdere le elezioni dell’8 e 9 giugno a Cagliari non lo mette proprio in conto, né mette in conto che i cagliaritani possano fargli pagare di aver lasciato il secondo mandato a metà per l’ambizione di trasferirsi a Villa Devoto. E neanche di poter essere considerato una minestra riscaldata perché, dice, l’importante sono gli ingredienti nuovi da proporre. La strada per lui è in discesa, questa è la convinzione diffusa, grazie alle macerie lasciate da Paolo Truzzu punito alle regionali proprio dai cagliaritani e grazie al fatto che mezza giunta di Truzzu è ricandidata con Alessandra Zedda, nonostante lei invochi la discontinuità. Ma le elezioni sono sempre e comunque un’incognita.

Quindi i cagliaritani hanno dimenticato l’abbandono del 2019?
Mi votarono, in quelle elezioni, su Cagliari il mio risultato fu ottimo. Non potevo rifiutare la candidatura alla presidenza della regione chiesta dall’intera coalizione, pur sapendo di andare incontro a sconfitta sicura. Dopo le elezioni avrei potuto benissimo restare sindaco, il consenso alle urne in città l’avrebbe legittimato: ma essendomi proposto a tutta la Sardegna, mi è sembrato più corretto andare in consiglio regionale.

Non c’è mai stato un momento in cui pensava di farcela a sconfiggere Solinas?
No. Sicuramente l’individuazione della mia figura come candidato, sia dai sondaggi sia poi da quello che è stato l’esito del voto, garantiva una maggiore partecipazione e più consenso, ma non sufficienti. Poi era una fase politica completamente diversa, noi abbiamo votato a febbraio del 2019, ad agosto è finito il governo Conte uno col Movimento 5 Stelle che ha lasciato la Lega e si è alleato col Pd. Se le elezioni si fossero svolte nel 2020 avremmo avuto uno scenario completamente diverso.

Si sente a suo agio a essere candidato da una coalizione in cui la parte da leone la fanno i 5 stelle che hanno governato con la Lega?
Mi sembra che qualcosa sia cambiato da allora, il movimento non è più lo stesso, non ci sono più i Di Maio o i Di Battista.

Beh, era Conte che governava con Salvini come vicepremier.
E’ cambiato tutto rispetto ad allora. E lo dimostra il lavoro fatto insieme all’opposizione in consiglio regionale, che ha favorito la nascita e poi la tenuta del campo largo qui in Sardegna.

Campo largo che si sfascia ovunque in Italia.
Ma non qua, proprio per il lavoro fatto insieme all’opposizione di Solinas, in grande sintonia e con forte spirito di collaborazione.

Eppure, quando è stata scelta Alessandra Todde come candidata alla presidenza voi Progressisti vi siete schierati con Soru.
Noi abbiamo sempre detto che l’obiettivo era tenere unita la coalizione di centrosinistra. E per quello abbiamo lavorato. Eravamo per le primarie, come Soru, e abbiamo provato a ottenerle. Quando poi non c’era più tempo per farle, abbiamo lavorato per unire il fronte.

E perché l’avete fatto stando con Soru e non con la Todde? Sarebbe stato più coerente.
Perché stavamo lavorando dall’interno per convincere Soru a riunirsi alla coalizione. Poi però, a un certo punto, abbiamo capito che non c’erano le condizioni e non sarebbe successo.

I rapporti con Soru come sono?
Buoni, qualche giorno fa ero a un evento organizzato da lui.

I 5 stelle hanno deciso di vendicarsi di chi non ha fatto parte della coalizione mettendo il veto sul loro ingresso in coalizione.
Ma no, semplicemente è stato deciso di non includere chi alle regionali ha fatto campagna contro. A meno che non si optasse per liste civiche.

Quindi bastava cambiare il nome, salvare la forma insomma?
Ci sono state alcune valutazioni e si è deciso insieme come muoversi.

Anche con Azione avete deciso insieme?
Si.

Dunque non c’è lo strapotere dei 5 stelle da tenere a bada di cui si parlava in un messaggio diventato virale?
No, c’è una coalizione e si valuta di volta in volta cosa fare. Il tema principale è riconoscersi attorno a un programma condiviso, quindi idee di sviluppo, questioni da risolvere, progetti.

Perché torna, Massimo Zedda?
Perché la città è scivolata indietro di decenni. E perché invece di essere al punto di pensare a come farla diventare una splendida realtà internazionale, stiamo ancora pensando alle emergenze legate ai servizi minimi, dalla pulizia alla manutenzione delle strade, dai parcheggi alla sicurezza.

A proposito di pulizia. La raccolta rifiuti è un disastro, ma l’appalto risale alla sua amministrazione. Lo rifarebbe tornando indietro?
Intanto, dico una cosa: nel capitolato c’era la possibilità di modificare e migliorare il servizio, e non è mai stato fatto. Compreso il fatto che in 5 anni le strade di Cagliari non sono mai state lavate, il servizio è stato proprio sospeso. Assurdo, anche perché questo ha provocato un inquinamento fuori controllo, perché le polveri sottili hanno continuato a disperdersi nell’aria. Quando lo abbiamo avviato era un servizio sperimentale, e come tutte le sperimentazioni aveva bisogno di essere perfezionato: detto questo, grazie a quel servizio la raccolta differenziata è passata dal 28% del 2011 al 72% e Cagliari risparmia i 14 milioni da pagare al Tecnocasic come quota di raccolta indifferenziata. Ora ci sarà da rivedere la Tari, che invece di diminuire è aumentata in modo esorbitante, riprendere il lavaggio delle strade senza la rimozione delle auto, migliorare il sistema puntuale di ritiro, installare isole ecologiche, anche interrate.

I cantieri per i cagliaritani sono diventati un vero incubo.
Bisogna accelerarne la chiusura. Ovviamente non si può arrivare e smontare tutto, porteremmo un ulteriore danno al testo economico produttivo. Bisogna dialogare con gli imprenditori e chi è più direttamente interessato e coinvolto, per cercare almeno di limitare i danni, ridurre i tempi e cercare di raggiungere il miglior risultato possibile.

Spiaggia a Sant’Elia, la sua proposta per la nuova legislatura accolta fra entusiasmo e perplessità.
Intanto si può iniziare con un progetto sperimentale di aumento della superficie di sabbia che già oggi il mare deposita nei pressi di Sant’Elia. Ma naturalmente Sant’Elia ha bisogno, come altri quartieri, di altri interventi: non è pensabile progettare una spiaggia senza un intervento sulle fogne, per evitare i liquami che invadono le strade. Così come bisogna programmare interventi sulle case popolari da riqualificare, sul decoro e sulla sicurezza del quartiere. Serve poi una casa della salute, a Sant’Elia come in altri quartieri soprattutto periferici, con medici e operatori sociosanitari, e una massiccia riqualificazione del verde, con parchi e giochi anche per bambini disabili.

Piazza del Carmine, un monumento a degrado e insicurezza.
Dove i cittadini percepiscono insicurezza, bisogna garantire presidi di polizia municipale. Lo faremo, ma contemporaneamente lavoreremo a riqualificazione e decoro, collegando la piazza al corso Vittorio Emanuele, riaprendo i parcheggi degli assessorati regionali della zona ai cittadini nel fine settimana, in modo da usare quello che già abbiamo a disposizione senza spreco di denaro pubblico, e garantendo così allo stesso tempo un flusso di persone su una piazza storica che merita di rinascere. E che, animata e frequentata, sarà automaticamente più sicura.

C’è un problema più generale di insicurezza a Cagliari?
Se i cittadini la percepiscono, sì. E bisogna intervenire, con le forze dell’ordine ma anche con la riqualificazione e l’illuminazione pubblica.

Anfiteatro Romano, un monumento all’inefficienza.
Lo riapriremo, anche agli spettacoli, dialogando con le soprintendenze, con afflussi controllati e con gli spalti del pubblico che guardano al monumento. E riapriremo tutti i luoghi della cultura che sono incredibilmente chiusi, dalla villa di Tigellio al parco di Tuvixeddu e Tuvumannu, dall’auditorium di piazzetta Dettori al teatro Civico di Castello fino alla vetreria di Pirri.

Il nuovo stadio, un monumento alla lentocrazia e all’incapacità.
Il progetto segue un iter basato su una precisa normativa. Ora c’è una verifica in corso, si è aggiunto anche il progetto del palazzetto. Chiaro che in questi anni non è stato fatto nulla e ora bisogna correre ai ripari perché ci sono anche le scadenze imposte dalla candidatura italiana per gli Europei.

Quindi come sarà la Cagliari di Massimo Zedda terzo?
Una città fatta di istruzione, cultura, spettacolo, verde, attenzione per gli anziani ma allo stesso tempo per i giovani. Tutela del nostro patrimonio che significa il patrimonio monumentale, culturale, ambientale e poi parcheggi, manutenzione delle strade, viabilità. Sarà una città che non deve più pensare a risolvere emergenze come è stato in questi 5 anni. E dove ci sarà un confronto periodico e regolare con i cittadini, che vanno ascoltati contrariamente a quanto è stato fatto negli ultimi 5 anni.

Questa volta resterà?
Certo. Cagliari merita un futuro migliore del presente che sta vivendo.

 

Tags: CagliariMassimo Zedda
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