Archeologia che fa discutere. Da un lato si bloccano i cantieri edili in caso di scoperte, altrove si lavora sotto lo sguardo attento di un archeologi, da altre parti si scava e poi si riseppellisce il passato. A Selargius i resti archeologici scoperti sono stati ricoperti di terra. Accade nel cantiere edile di via Atene dove le vestigia, “radicate” da millenni nel sottosuolo e recentemente spolverate durante uno scavo archeologico, sono ritornate nell’oblio sotto la coltre di terra e sassi. Insomma, sono divenute invisibili.
A darne notizia mostrando le immagini del “prima” e del “dopo”, è Carlo Desogus, ex ispettore onorario della Soprintendenza archeologica alla quale ha rivolto un appello pubblico “per salvare il salvabile e tutelare, meglio ancora valorizzare, i siti scoperti”. Al di là degli appelli di pochi appassionati, sembrerebbe che Selargius non abbia a cuore la sua storia anzi, la
Preistoria poiché i siti di via Atene sarebbero prenuragici.
LA NOTIZIA del ritrovamento risale alla scorsa estate. A diffonderla molti internauti e il deputato Mauro Pili con numerose immagini postate sul Social network Facebook. Quelle istantanee, secondo Desogus, ritraevano resti di capanne preistoriche, circoli formati da grandi massi, mura di pietra e tanto altro ancora. Pili inviò un esposto alla Procura della Repubblica mosso dalla “spregiudicatezza” con la quale in quel “cantiere hanno operato in una sola giornata. In questa immagine si vede il disastro” sottolineò il deputato, mostrando una fotografia che ritraeva una rete inserita nel cantiere edile per dividere l’area dei lavori dai vicini resti archeologici: “a sinistra lo scavo con i reperti, attaccato lo scavo per la colata di cemento”.
Da allora lo scavo archeologico è andato avanti in un lato del cantiere, sotto lo sguardo di un archeologo. Nel frattempo, proprio accanto all’archeologia ritrovata, guadagnava metri in altezza e in larghezza un grande edificio che ospiterà l’attesissimo centro ANFFAS per la riabilitazione dei diversamente abili intellettivi e relazionali.
Quel che era parso strano, dapprima alle associazioni locali di archeologia, soprattutto agli studiosi di storia come Luigi Suergiu e Carlo Desogus, è la “celerità” con la quale i lavori sono stati avviati in un “terreno delicato”, inserito nel PUC come “area a rischio archeologico” e dove di archeologia, in superficie, oggi non resta traccia.
È per questo motivo che Desogus grida allo scandalo: “fondi di capanne pre-nuragiche dapprima indagate dagli studiosi ed ora ricoperte di terra, sepolte. È una vergogna, considerato che si usano sempre due pesi e due misure. Ne è un esempio questa vicenda ma anche quella del colle di Bonaria a Cagliari dove è stato bloccato un cantiere dopo la scoperta di resti medievali. Sono forse più importanti di quelli preistorici? Chi e come stabilisce le priorità e l’interesse delle scoperte?”.
Insomma in via Atene c’è chi non ha gradito affatto la terra sulla storia. Di essa rimarrà il ricordo di quei particolari pozzetti e cavità, probabilmente vecchie di millenni, rivestite con grandi pietre e quelle che sembravano “grandi anfore”. Al loro posto, dove pochi mesi fa si muovevano gli archeologi, sorge un battuto di terra.
Evidentemente l’appello e gli esposti non hanno suscitato il risultato sperato: valorizzare i resti archeologici.
Ma chissà. Stara anche questo un modo per valorizzare la storia?
Marcello Polastri











