Dazi Usa Sardegna, Confartigianato chiede contromisure per sostenere le aziende

Confartigianato chiede contromisure per sostenere
le aziende contro le nuove imposte americane. Matzutzi (Presidente
Confartigianato Sardegna): “Il food made in Italy e made in Sardegna
rischia grosse perdite: servono contromisure per sostenere imprese”.
Il primo semestre chiude con 35milioni di export di prodotti
agroalimentari negli USA.


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Confartigianato ha chiesto al Governo italiano forti contromisure per
sostenere le aziende dell’agroalimentare contro i dazi USA.
La richiesta è stata fatta dai rappresentanti dell’Associazione
Artigiana in un’audizione alla Commissione Agricoltura della Camera
dei Deputati, considerando come a livello nazionale il settore
potrebbe subire un calo di vendite per oltre 1 miliardo di euro.

Nell’agroalimentare italiano, infatti, operano 89.000 piccole e medie
imprese; in Sardegna sono complessivamente 3.616 le aziende artigiane
attive nel comparto alimentare con oltre 10mila addetti, di queste il
2,8%, pari a 54 imprese, operano nella lavorazione di prodotti
lattiero-caseari.

“Per compensare il calo di vendite negli Stati Uniti – spiega Antonio
Matzutzi, Presidente di Confartigianato Sardegna – abbiamo sollecitato
interventi, anche temporanei, di sostegno economico alle imprese e
programmi di promozione commerciale per favorire la penetrazione delle
piccole imprese in nuovi mercati alternativi, soprattutto con
produzioni a marchio DOP ed IGP”. “Inoltre – prosegue il Presidente –
per contrastare il rischio di un’invasione in Italia di prodotti Usa
“italian sounding”, riteniamo necessario diffondere la tracciabilità
dei prodotti e promuovere campagne di informazione per rendere
riconoscibile ai consumatori la qualità dei prodotti alimentari Made
in Italy e made in Sardegna”.

A livello nazionale, secondo le analisi dell’Organizzazione Artigiana,
i prodotti più colpiti saranno quelli del settore lattiero-caseario in
cui lavorano oltre 1.900 imprese artigiane e che vanta ben 275 tipi di
formaggi Dop e Igp. La Confederazione ha rilevato che, tra formaggi,
burro, yogurt, negli ultimi 12 mesi abbiamo esportato negli Stati
Uniti prodotti per un valore di 312 milioni di euro, il più alto in
Europa.

Per le imprese agroalimentari della Sardegna, il mercato americano
vale, nel primo semestre 2019, ben 35milioni di euro. Infatti, tra i
primi 10 mercati di riferimento per l’export di prodotti alimentari
made in Sardegna troviamo al 1° posto gli Stati Uniti. Il 92% delle
esportazioni è composto da prodotti lattiero-caseari (quasi 33milioni
di euro), il 5% da prodotti da forno (quasi 2 milioni) mentre il
restante è suddiviso tra pesci e crostacei, frutta e ortaggi lavorati
e conservati e altri prodotti alimentari.

L’Isola è in decima posizione, tra tutte le regioni italiane, per
valore dell’export di beni alimentari verso il mercato americano,
valore che nell’ultimo anno raggiunge i 67 milioni di euro (ultimi 12
mesi, III trim.2018-II trim.2019), esportando il 3,1% del Food made in
Italy destinato agli Stati Uniti e all’11,5% dell’export di tutti i
manufatti sardi distribuiti nel mondo.

Nei primi sei mesi dell’anno la domanda statunitense di prodotti
agroalimentari della regione registra una variazione tendenziale
positiva del +3,8%, di segno opposto a quella registrata un anno prima
(-21,0%).

L’export verso il mercato statunitense dei prodotti lattiero caseari
della Sardegna verso gli USA, raggiunge negli ultimi 12 mesi valore di
62 milioni di euro, il più alto dopo quello registrato in
Emilia-Romagna e in Lombardia e pari al 70% del valore complessivo
delle vendite di questi prodotti in tutto il Mondo. Inoltre il
territorio sardo figura 1° per grado di esposizione nel settore
lattiero caseario sul mercato statunitense.

Tra le prime 30 province italiane per valore dell’export di prodotti
delle imprese lattiero-casearie verso gli USA figurano Sassari al 2°
posto, Nuoro al 7° e Cagliari al 14°.

“In ogni caso la Sardegna dovrà andare avanti anche con i dazi
americani – conclude Matzutzi – la situazione influirà non poco ma
crediamo che ciò che verrà a crearsi spingerà le imprese a puntare su
innovazione, qualità e formazione ma soprattutto le costringerà a
trovare nuove vie commerciali, come quelle dell’est o dell’Oriente”.


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