È uno degli ospedali dove più si nota, e si tocca, la sofferenza delle persone. Rispetto a qualche anno fa ci sono dei miglioramenti all’Oncologico di Cagliari, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli ingressi di chi deve fare un ciclo o un mantenimento di chemioterapia. Ma, varcato l’ingresso della struttura di via Jenner, molti problemi persistono. Un po’ come avere voluto curare più l’immagine esterna, lasciando quella interna ancora in uno stato di semi cantiere. Ci sono i tempi giudicati ancora troppo lunghi, due ascensori ko sin dai primi di agosto e mai riparati. Due problemi che, a cascata, ne generano altri: chi arriva alle 7:30 del mattino raramente lascia la struttura prima del primo pomeriggio, anche quando non ci sono pienoni. E quel quinto piano diventato il punto di riferimento di chi ha un tumore e deve fare la terapia non si può raggiungere in totale comodità, visto i due ascensori guasti. E fare dieci rampe di scale, per chi è debilitato nel fisico da un cancro non è una passeggiata. Le segnalazioni nuove di disservizi duri a morire e il tanto tempo trascorso in piedi o su una delle poltroncine prima di varcare la porta dei reparti continuano ad arrivare anche alla nostra redazione.
Roberta Moro ha 48 anni e vive a Sestu. A marzo scopre di avere un tumore al seno, la sua vita viene stravolta a ridosso dell’inizio della primavera e inizia la battaglia: “A maggio ho fatto il primo ciclo di chemio, attualmente sto facendo il mantenimento in attesa dell’intervento”, racconta. Sa, quindi, che il suo destino passerà tutto per una sala operatoria. È l’attesa con a contorno mancanze e risposte poco chiare a creare, anche in lei, un quanto mai capibile effetto stress: “Oggi, alle 7:30, il pienone era già passato, anche se sono dovuta restare sino al pomeriggio. Voglio evidenziare l’attenzione e la devozione di gran parte del personale per noi pazienti”. Poi, certo, le mele marce ci sono ovunque: “Due degli ascensori principali fuori servizio da agosto è davvero troppo. Li utilizziamo noi pazienti per analisi, visite, medicazioni e terapie, dobbiamo andare su e giù per l’intera struttura e ci troviamo spesso costretti a fare le scale pur non reggendoci in piedi”. La donna racconta che ha chiesto a chi di dovere, all’interno dell’ospedale, tra quanto sarebbero intervenuti gli operai: “Mi sono sentita rispondere ‘aspetti e speri’. Ritengo tutto questo una grossissima mancanza di rispetto nei confronti di tutti quelli che necessitano di cure continue e che, spesso, non hanno le forze nemmeno di alzarsi dal letto. Non voglio lasciare intendere che il tutto sia dovuto al menefreghismo da parte della struttura ospedaliera ma chiedo solo che cerchino quanto meno di abbreviare i tempi, ormai diventati biblici”.










