Al via gli accertamenti sugli indumenti di Manuela Murgia, la sedicenne trovata morta il 5 febbraio 1995 nel canyon della necropoli di Tuvixeddu a Cagliari. Il caso, inizialmente archiviato come suicidio, è stato riaperto il 30 marzo scorso con l’iscrizione, poche settimane fa, del nome dell’ex fidanzato Enrico Astero – oggi 54enne – nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio volontario. I reperti sono rimasti per trent’anni nei locali dell’ex Istituto di Medicina Legale dell’università di Cagliari. La famiglia Murgia, assistita dagli avvocati Giulia Lai e Bachisio Mele, ha già indicato come consulente il genetista Emiliano Giardina, mentre la difesa dell’ex fidanzato ha contattato l’ex generale del Ris, Luciano Garofano. Gli esami iniziati questa mattina punteranno a individuare profili genetici, tracce di Dna, impronte invisibili e altri elementi utili, tra cui i residui di fumo già rilevati sul maglioncino della vittima.
“Chiediamo a tutti una preghiera, un pensiero positivo per Manuela, stanno aprendo ora i vestiti, siamo fuori in attesa perché non la lasciamo neanche in questo passo così importante. Siamo tutti con te Manuela, siamo qui con te non ti abbiamo mai abbandonato neanche solo per un secondo. Ti porteremo in cielo. Ti amiamo Emanuela”, scrive la famiglia sui social.
La famiglia di Manuela non ha mai smesso di cercare la verità, insistendo sul fatto che non si sia trattato di un suicidio. Secondo le ultime ipotesi, la ragazza potrebbe essere stata investita con un’auto mentre si rivestiva dopo aver subito uno stupro e poi gettata nel canyon.
La famiglia di Manuela non ha mai smesso di cercare la verità, insistendo sul fatto che non si sia trattato di un suicidio. Secondo le ultime ipotesi, la ragazza potrebbe essere stata investita con un’auto mentre si rivestiva dopo aver subito uno stupro e poi gettata nel canyon.












