La corte costituzionale boccia la Sardegna sulle aree idonee a ospitare gli impianti per la produzione di energia rinnovabile. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 184 depositata oggi, ha ribadito che la qualifica di “non idoneità” attribuita a un’area dalla legge regionale sarda n. 20/2024 non può tradursi in un divieto aprioristico di installazione di impianti a fonti energetiche rinnovabili (FER). La decisione, resa in un giudizio promosso dal Governo contro alcune disposizioni della normativa regionale, interviene su un tema cruciale per lo sviluppo del settore verde nell’isola.
La legge sarda “Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione di procedimenti autorizzativi” prevede una suddivisione del territorio in zone “idonee” e “non idonee”. L’articolo in questione stabiliva che, nelle aree non idonee, gli impianti FER non potessero accedere ai procedimenti autorizzativi semplificati previsti dalla normativa statale.
La Corte ha sottolineato che la qualifica di non idoneità non può costituire un “aprioristico divieto di installazione” né può travolgere gli atti autorizzativi già rilasciati, salvo che tale revoca non sia motivata da ragioni tecniche o scientifiche. In particolare, la sentenza afferma che “la legge regionale non può, con il solo limite della modifica irreversibile dello stato dei luoghi, annullare tutti gli atti autorizzativi già rilasciati, rispetto ai quali gli operatori si siano già attivati, senza che tale travolgimento sia motivato da ragioni di carattere tecnico.
Nel caso in cui un progetto ricada in parte in zona idonea e in parte in zona non idonea, la Corte ha precisato che non può automaticamente prevalere la non idoneità. La decisione finale sulla realizzazione dell’impianto deve essere assunta al termine del singolo procedimento di autorizzazione, tenendo conto “della massima tutela del paesaggio e delle aree naturalistiche protette che giustifichino il procedimento autorizzatorio non semplificato”. Si richiede, quindi, un bilanciamento tra protezione ambientale e promozione delle fonti rinnovabili, nell’interesse delle future generazioni.
La Corte ha inoltre chiarito che la Regione non può introdurre una procedura di autorizzazione paesaggistica diversa da quella prevista dalla legislazione statale. Le regioni non possono derogare agli istituti di protezione ambientale stabiliti a livello nazionale, compreso l’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, norma di riforma economico‑sociale che la Sardegna deve rispettare.












