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Il Pastoralismo ha conquistato l’Expo, con le sue pratiche ha forgiato la cultura sarda, reso magico il paesaggio isolano e i suoi prodotti che sono alla base della dieta della longevità.
“I pastori sono i padri della cultura e dell’identità sarda – ha ricordato l’antropologo di Bitti Bachisio Bandinu (nella foto) –. Grazie alle loro intuizioni hanno investito nell’istruzione, regalando alla Sardegna uomini di spessore e cultura. I grandi personaggi della nostra storia sono tutti figli di pastore”.
Lo scenario è stato il convegno – Sardegna l’isola del pastore e della longevità – promosso dall’Aras nel Padiglione dell’Associazione nazionale degli allevatori in Expo, a cui ha preso parte oltre a Bandinu il professore Giuseppe Pulina.
La discussione, moderata dal direttore dell’Associazione Allevatori sarda Marino Contu, ha preso spunto dal video realizzato dalla stessa associazione allevatori in collaborazione con Bandinu, Pulina e il professore Luca Deiana. Uno spaccato di un’isola caraterizzata nel paesaggio, nell’economia e nella cultura dal mondo pastorale.
E’ la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: 2 ogni abitante (oltre 3milioni per 1,5milioni di popolazione); è la più grande produttrice di formaggio pecorino; primo posto anche nel commercio internazionale di pecorini: 60 per cento di tutto il valore annualmente scambiato pari a 150 milioni di dollari;
“Con 3milioni di ovini, 250mila caprini, 200mila bovini rustici, siamo la prima regione del Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli animali al pascolo – dice il presidente dell’Ara Sardegna Sandro Lasi -. Il 70 per cento della superficie isolana è destinata al pascolo. Gli erbivori domestici traggono dalle essenze foraggere spontanee o coltivate oltre l’80 per cento dei loro fabbisogni nutritivi. Questo rende inscindibile il legame dell’elevata qualità dei prodotti caseari e delle carni dalle forme paesagistiche in cui sono ottenuti”.
“E’ provato scientificamente – sottolinea Marino Contu – che i prodotti derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla salute dell’uomo, perchè sono ricchi di sostanze nutraceutiche. E le pecore sarde, a differenza delle altre, hanno una predisposizione genetica che favorisce questo arrichimento dovuto all’azione di selezione del pastore avvenuta nei millenni per le pecore che presentavano una più marcata attitudine al pascolamento. Queste sostanze sono trasferite all’uomo. Il Cla, contenuto nel latte, è trasferito completamente nel formaggio e nella carne senza perdite. La prova concreta – ricorda poi Contu – l’abbiamo nell’alto numero di centenari. Siamo la seconda regione più longeva del mondo dopo Okinawa: abbiamo 22 centenari ogni 100mila abitanti. E il 90 per cento di loro si è nutrito con prodotti derivanti dal latte ovino”.
La pastorizia sarda ha effetti diretti sulla salute dell’uomo ma anche indiretti grazie “alla cura e la gestione di questa vasta area di superficie destinata al pascolamento da parte dei 15mila pastori e dalle loro famiglie – continua il presidente Sandro Lasi -. La pratica plurimillenaria della pastorizia ha forgiato i tratti salienti del paesaggio della Sardegna. Se scomparissero verrebbe compromesso anche il paesaggio sardo. Si perderebbe la biodiversità e la capacità economica del sistema. La nostra è una pratica fortemente legate al territorio, in cui gli animali sono allevati all’aperto rispettando il benessere. Gli oltre 460 milioni di litri di latte prodotti da pecore che hanno brucato 4milioni di tonnelate di erbe, hanno per questo motivo, sapore di Sardegna e veicolano sostanze ad azione benefica dovute proprio al pascolamento di essenze erbacee naturali. Sostanze che ritroviamo anche nella carne di agnello”.
“Come ci hanno detto Bachisio Bandinu e Giuseppe Pulina – conclude il direttore dell’Aras che ringrazia i due relatori per l’alto spessore dato al convegno – i pastori sono l’ultima riserva di conservazione delle tradizooni più profonde. Senza loro si perde il legame reale con la cultura.