Nel pieno dell’afa romana, la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei dipendenti delle farmacie private si è rivelata un nulla di fatto. A fare il punto è Cristiano Aradau, segretario generale UILTuCS Sardegna, che denuncia uno stallo preoccupante e un atteggiamento di rinvio da parte di Federfarma. “Nel caldo augusteo di Roma, la trattativa di ieri con Federfarma, per il rinnovo del CCNL dei dipendenti da farmacia privata, si è consumata in un clima surreale, senza registrare alcun concreto avanzamento. Dalla proposta iniziale di 120 euro di aumento, irricevibile e già rigettata, la delegazione datoriale ha provato a “rilanciare” l’offerta con lo sforzo del 50% in più, giungendo così a 180 euro lordi di incremento retributivo. Un’operazione che, più che un passo avanti, somiglia a un déjà vu. Sembra infatti di assistere a un nuovo episodio di Ritorno al Futuro, con Marty McFly e Doc, catapultati indietro di ben cinque mesi, esattamente all’incontro del 13 marzo, dove le stesse argomentazioni e formalmente le stesse cifre, avevano già fallito. Particolarmente preoccupante è la visione di Federfarma, secondo cui qualsiasi aumento salariale dovrebbe essere subordinato alla sostenibilità economica delle singole farmacie. La controparte ha richiamato uno studio dell’Agenzia delle Entrate sull’affidabilità fiscale del settore, sottolineando come le farmacie sarebbero in difficoltà economica. Alla luce di ciò, la richiesta sindacale di 360 euro lordi mensili viene considerata da loro “inaccoglibile”. Curiosa la definizione del tasso di inflazione IPCA data dalla delegazione datoriale che, l’ha definito per gli aumenti retributivi, un indicatore “astratto”. La realtà è tristemente diversa per le retribuzioni dei farmacisti e il loro caro vita. Non sono mancate infatti tensioni quando è stato fatto notare che i bilanci delle farmacie non sono accessibili, rendendo difficile valutare l’effettivo andamento del settore. Il costo del personale viene spesso gonfiato attraverso l’inserimento di figure non operative, come familiari dei titolari, a discapito dei lavoratori realmente produttivi. A questo punto, è lecito chiedersi se non sia giunto il momento di commissionare uno studio nazionale indipendente e trasparente sullo stato economico del settore, per porre fine a una trattativa fondata su dati unilaterali e non verificabili. Preoccupante anche il fatto che Federfarma abbia dedicato più attenzione ai servizi minimi da garantire durante lo sciopero che ai temi centrali della trattativa. Un segnale chiaro della volontà di ostacolare le mobilitazioni, piuttosto che trovare soluzioni. Il prossimo incontro è fissato al 9 ottobre, tra ben 65 giorni, una pausa che suona come un tentativo di allungare i tempi della vertenza. A questo punto, è legittimo domandarsi se settembre non debba diventare un mese di mobilitazioni sindacali, con giornate intere di sciopero regionale e una nuova fase di mobilitazione. Alla luce dell’atteggiamento dilatorio di Federfarma e dell’assenza di reali aperture sull’aumento retributivo, riteniamo sia giunto il momento di richiedere formalmente la convocazione delle parti presso il Ministero del Lavoro, per garantire ai farmacisti dipendenti un confronto istituzionale autorevole. Come chiedere gli incontri ai rispettivi Assessorati Regionali al Lavoro e alla Sanità. Va anche ricordato che già nell’incontro del 13 marzo c’erano le condizioni per proclamare un’intera giornata di sciopero nazionale, occasione a questo punto persa da recuperare quanto prima. Le recenti mobilitazioni sindacali in tutta Italia, culminate nelle manifestazioni regionali e nello sciopero di Roma, hanno mostrato con chiarezza che la misura è colma. Cagliari ha dato un contributo significativo con il suo sit in, che ha visto la straordinaria partecipazione di lavoratrici e lavoratori, supportati anche da una crescente solidarietà dell’opinione pubblica. Sui social, nei media locali e attraverso numerosi siti di informazione indipendente, è emerso un forte risentimento nei confronti degli attuali trattamenti economici riservati ai farmacisti dipendenti, figure professionali altamente qualificate ma con retribuzione misere. Queste manifestazioni non sono semplici proteste, ma una richiesta chiara di rispetto, dignità e riconoscimento professionale, che Federfarma non può più ignorare. Ora la parola passa alla responsabilità politica dell’associazione datoriale con settembre mese di nuove mobilitazioni”.













