Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp
I negozi tradizionali e le attività del settore turistico continuano a diminuire: tra gennaio ed agosto di quest’anno si registrano 144 PMI in meno rispetto al 2014, con una flessione più accentuata nei comuni capoluogo di provincia che complessivamente perdono 77 attività frutto di 143 iscrizioni e 220 cancellazioni. Seppure il commercio dà piccoli segnali di miglioramento, con un leggero ritorno ai consumi e alle vendite, la crisi si fa ancora sentire. La perdita di imprese del commercio in sede fissa però appare compensata dall’andamento positivo delle commercio ambulante, che nei primi 8 mesi del 2015 mette a segno una crescita di 137 imprese rispetto allo scorso anno in conseguenza di 186 iscrizioni e 49 cancellazioni.
Il dettaglio territoriale – I negozi diminuiscono in tutte le province fatta eccezione per quella di Olbia-Tempio che registra un timido +8 attività. La provincia che mostra la diminuzione percentuale più elevata è quella di Nuoro, che si guadagna la maglia nera con una flessione delle imprese registrate del 1.07%, corrispondente ad un saldo negativo di 22 negozi rispetto a dicembre 2014. Segue la provincia Carbonia Iglesias, che nei primi 8 mesi dell’anno registra 14 negozi in meno (-0,97%) sul 2014. Per quanto riguarda il settore alloggio e somministrazione, invece, è il medio campidano a registrare in termini percentuale la flessione più importante (-0,59%) seguita dalla provincia di Cagliari (-0,38%).
Questo è quanto emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti sulla natimortalità delle imprese di commercio e turismo tra gennaio e agosto 2015. “Rispetto agli scorsi anni il mercato interno mostra qualche segnale di miglioramento, ma per i negozi tradizionali è sempre una fase difficile. Aumentano le aperture, ma l’emorragia di chiusure non si arresta. – commenta Marco Sulis, presidente di Confesercenti Sardegna – A pesare sui negozi tradizionali sono soprattutto la deregulation delle aperture delle attività commerciali: il regime attuale, che prevede la possibilità di rimanere aperti h24 per 365 giorni l’anno, è insostenibile per i piccoli negozi, che continuano a perdere quote di mercato a favore della grande distribuzione. Se non si modificherà la normativa, i negozi non agganceranno mai la ripresa dei consumi e continueranno a chiudere. Discorso a parte per gli ambulanti, che continuano ad aumentare ormai ininterrottamente da tre anni. Un vero boom, che coinvolge soprattutto gli imprenditori stranieri, su cui stiamo conducendo un’importante approfondimento i cui risultati diffonderemo quanto prima”. Il segnale più evidente di questo stato di difficoltà è rappresentato dalle centinaia di saracinesche abbassate che si affacciano su strade che sino a qualche anno fa erano il regno dello shopping, ma che ora sono sempre più deserte e conseguentemente sempre meno sicure.
LA PROPOSTA PER TENTARE DI INCENTIVARE LE APERTURE: Per agevolare il ripopolamento di botteghe, Confesercenti propone l’inserimento nella prossima legge di stabilità di un meccanismo “combinato” per riportare i negozi della città, una norma che permetta di introdurre canoni concordati e cedolare secca anche per gli affitti di locali commerciali. Un sistema già previsto per le locazioni abitative e che potrebbe essere declinato anche per il commercio attraverso un accordo tra proprietari immobiliari, rappresentanti delle imprese commerciali e amministrazioni territoriali competenti.
“In questo modo si favorirebbe, in un momento di ripartenza dell’economia, la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe – aggiunge Marco Sulis – si creerebbe anche valore per tutti i soggetti interessati: il proprietario dell’immobile godrebbe di un indubbio beneficio fiscale, le attività commerciali corrisponderebbero un canone ridotto. E per l’amministrazione comunale sarebbe un doppio investimento: sociale, con il ripopolamento delle aree oramai desertificate delle città, e fiscale.” Secondo le elaborazioni dell’ufficio economico Confesercenti, con l’introduzione di un canone concordato e cedolare secca potrebbero rinascere, nell’arco di due anni, circa 190mila negozi. Per l’erario – tra gettito Irpef, Tari e Tasi pagate dalle imprese – sarebbe un introito aggiuntivo di 1,5 miliardi di euro.