Assemini, l’abito tradizionale non mette tutti d’accordo, anzi: polemiche aperte dopo l’evento “Bistimentas Asseminesas”, “insulti degni delle periferie di Caracas” rivolti allo studioso Ignazio Sanna Fancello che ha espresso critiche sull’abito indossato dal gruppo asseminese in occasione della celebrazione di Sant’Efisio. Il risultato? Un “fuggi fuggi di spettatori”, “l’evento si è trasformato in un’occasione di conflitto”.
Si è svolto l’11 gennaio, promosso dall’Associazione Sa Pratza Antiga in collaborazione con la Pro Loco e con il patrocinio del Comune, “ma non ha purtroppo ottenuto l’esito sperato” ha espresso la consigliera di minoranza Rachele Garau. “Come evidenziato dal titolo, il protagonista principale dell’iniziativa era l’abito tradizionale di Assemini, simbolo culturale e identitario della nostra comunità. Durante l’incontro è intervenuto Ignazio Sanna Fancello, stilista e ricercatore indipendente nel campo dell’abbigliamento tradizionale. Nel suo intervento, Fancello ha espresso critiche sull’abito indossato dal gruppo asseminese in occasione della celebrazione di Sant’Efisio, suscitando polemiche accese e alimentando un clima di tensione durante l’incontro”.
Un dibattito molto acceso, e “di fronte a critiche così accese” la consigliera ha evidenziato il “silenzio” da parte delle istituzioni, interpretato come “irrispettoso nei confronti delle tradizioni locali e delle persone che avevano organizzato l’evento. Come può un rappresentante istituzionale, che dovrebbe essere il primo difensore del patrimonio culturale, rimanere passivo di fronte a una situazione così divisiva? Perché questo silenzio? Perché non si è intervenuti, da padroni di casa, per moderare la discussione e riportarla su un piano di confronto costruttivo? E ancora, sarebbe stato opportuno chiedere allo studioso di fornire fonti concrete a sostegno della sua critica così accesa. Come ha sottolineato Luigi Scalas, fondatore del gruppo folk “Città di Assemini”, la tipologia dell’abito è ampiamente documentata e diffusa. L’evento in sé serviva per mostrare alla comunità le varie tipologie di abito che lo stesso Scalas ha studiato e documentato per tutta la vita. Tuttavia, una manifestazione che avrebbe dovuto unire la comunità è stata trasformata in un’occasione per alimentare tensioni superflue”. “Le tradizioni non sono un semplice retaggio del passato, ma una preziosa eredità che merita di essere protetta e valorizzata. Da cittadina/o di Assemini, ritengo che il nostro abito tradizionale non sia soltanto un vestito, ma un simbolo di appartenenza, storia e orgoglio. Ignorare il suo valore equivale tradire l’identità stessa della nostra comunità. Indipendentemente dalle opinioni espresse dallo storico, sarebbe stato dovere dell’amministrazione approfondire le motivazioni di tali affermazioni, verificandone le basi e le fonti storiche. Inoltre, anche qualora queste critiche fossero state fondate, resta essenziale il principio che, nonostante le divergenze, ciò che rappresenta la nostra identità vada difeso e valorizzato con fermezza. Chi, meglio dell’Assessore alla Cultura, dovrebbe assumere il ruolo di portavoce e rappresentante del patrimonio culturale locale? Le tradizioni appartengono alle persone che le vivono, le custodiscono e le tramandano. Non è ancora troppo tardi per correggere questa rotta, ma è necessario un cambiamento di prospettiva che metta finalmente al centro la comunità e il suo inestimabile patrimonio culturale. Va bene Mattonelle del cuore, va bene Tananai, va bene leggere tanto, ma quando iniziamo a dare voce e valore alla nostra cultura collettiva?” Conclude Garau.