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Valentina Pitzalis si difende: “La verità è negli atti del Tribunale”

di Redazione Cagliari Online
22 Giugno 2017
in cagliari, centro-storico

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Due giorni fa il grido disperato della madre di Manuel Piredda, marito di Valentina, morto carbonizzato tre anni fa dopo, almeno così è sempre stato detto, aver cercato di bruciare la moglie. “Mio figlio non era una persona capace di uccidere – scriveva Roberta Mamusa – Tutte le prove dimostrano la sua innocenza, ma forse una donna sfigurata fa molto più audience di qualsiasi verità”. Parole che hanno scatenato dubbi e odio nei confronti di Valentina Pitzalis. “Nei giorni scorsi sono stata oggetto di veri e propri attacchi sui social network – denuncia Valentina – con insinuazioni pesanti e dal contenuto diffamatorio che mi hanno fatto stare molto male. Tutto questo proprio quando dovevo entrare in sala operatoria per un intervento molto importante e delicato durato oltre dieci ore. Spiegherò la situazione, ma per l’ultima volta, perché mi fa male dovermi persino giustificare dopo quello che ho subito”. 

Valentina, rivolgendosi ai suoi fans che da sempre chiama i suoi “angeli”, parte dagli atti processuali dai quali “emerge che, nella notte tra il 16 e il 17 aprile 2011 – spiega – sono stata vittima di un tentativo di omicidio da parte di mio marito, Manuel, che è deceduto in quell’occasione. Gli investigatori hanno fatto indagini, hanno raccolto prove e testimonianze sui fatti ed hanno accertato che Manuel, dopo aver tentato di uccidermi, infiammandomi con il cherosene, è stato lui stesso avvolto dalle fiamme. Io non solo ero presente, ma dopo ho dovuto leggere il testo del fascicolo delle indagini e anche vedere le foto in esso contenute. Quindi, contrariamente a quanto viene scritto su facebook, Manuel non riportava nessuna ferita alla testa o sul resto del corpo e non giaceva in una pozza di sangue, come dimostrano le foto del fascicolo, indossava dei guanti di plastica sulle mani verosimilmente per proteggersi mentre mi aggrediva, come indicato nel fascicolo. E accanto a lui sono stati rinvenuti degli stracci imbevuti di liquido infiammabile, così come altri erano presenti nelle mani protette dai guanti. Manuel aveva un secchio di plastica accanto (io l’ho chiamato innaffiatoio o spruzzino perché ero lucida ma non cosciente dopo il rogo, ma cosa contano le parole rispetto all’uso che di quell’oggetto ne è stato fatto?), che secondo gli investigatori aveva utilizzato per lanciare il cherosene contro di me. Inoltre, la porta di casa era chiusa dall’interno e non vi era nessuna terza persona, Manuel indossava un giubbino di jeans e gli indumenti che io ho indicato nel mio libro, e le ricostruzioni temporali del mio vissuto insieme a Manuel e del mio allontanamento da lui sono quelle contenute nel mio libro, così come confermato dagli interrogatori ai vicini contenuti nel fascicolo”.

Nessuna riapertura del caso. “Vi pregherei cari angeli – continua Valentina – di non considerare ricostruzioni false ma verosimili e ossessivamente ripetute per convincere attraverso lo sfinimento, ma di attenerci al fascicolo del Tribunale e della Procura della Repubblica, dove sono presenti le fotografie e tutte le indagini fatte dagli inquirenti, a riprova di quanto ho scritto anche nel libro. Per la legge italiana si può celebrare un processo solo se l’imputato è vivo: in data 12.01.2012 il Tribunale di Cagliari, come da richiesta del Pubblico Ministero, ha disposto l’archiviazione del procedimento penale contro Manuel Piredda per morte del reo Manuel Piredda”.

Le lettere. “Non sapete il male che mi ha fatto sentirmi accusata ingiustamente di aver ucciso Manuel – aggiunge – mi sono sentita ancora una volta cosparsa di cherosene, mi sono sentita avvolta dalle fiamme e la cosa è peggiorata quando per colpirmi, ferirmi e screditarmi, hanno pubblicato anche dei pezzi di un mio diario, che come tutti hanno potuto vedere, è datato 2005: 5 e più anni prima della tragedia e risalenti al periodo di quando lavoravo come stagionale in Germania. Hanno fotocopiato le pagine, e quindi separate volontariamente dal contesto originale del mio diario privato, indicandole come lettere scritte a Manuel, cosa che si capisce non essere vera dal tono e dal contenuto, anche se, lo ammetto, separate da tutto il resto del diario non risultano chiare a meno che non si leggano attentamente e con mente sgombra da pregiudizi. Al tempo della stesura, inoltre, non ero ancora legata a Manuel ed ero combattuta tra i miei sentimenti per il mio fidanzato dell’epoca e per quelli che stavano nascendo per Manuel. Capisco sempre di più tutte le donne che hanno subito violenza e dopo ne devono subire altra, dovendo persino difendersi per le sofferenze e i segni che portano indosso. Cercherò di andare in ogni luogo dove chiederanno la mia testimonianza e sarò nella condizione di andare, come sempre a titolo gratuito, perché oggi più di ieri nessuno può togliermi il sorriso”.

Tags: manuelvalentina pitzalis
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