Villamar, l’ultima rosetta di Lucio: “Chiudo lo storico panificio del paese, troppi comprano il pane nei centri commerciali”

Il forno di via Vittorio Emanuele si spegne. Attivo dalla fine degli anni Quaranta, negli ultimi venti è stato gestito da Lucio Ulargiu e dalla moglie Marina. Il racconto dell’uomo: “A 65 anni vado in pensione, potremo riposarci e goderci i nipotini. Sono dispiaciuto, nessun giovane ha voluto tenerlo aperto, purtroppo preferiscono la vita mondana. Il primo pane l’ho infornato a 17 anni a Segariu, non mi sono mai fermato”


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L’avevano anticipato un mese fa, con una lunga lettera, Lucio Ulargiu e la moglie Marina. Parole al singolare, scritte dalla moglie ma condivise, ovviamente, col marito: “Anche per me è arrivato il momento di andare in pensione dopo un bel po’ di anni di intenso lavoro. Dovrò quindi lasciarvi. Vorrei salutarvi uno ad uno”. Poi, forse la parte più importante della lettera: “L’attività terminerà il 30 ottobre. Mi auguro che qualcun altro prenda il mio posto, perchè sarebbe un vero peccato se il vecchio forno si spegnesse per sempre. Appartiene alla storia del paese e se potesse parlare racconterebbe del tempo che fu”. E il 30 ottobre è arrivato. Oggi, nel primo giorno non festivo, l’antico panificio di Villamar di via Vittorio Emanuele 1 è chiuso. E forse non riaprirà più: “L’abbiamo gestito negli ultimi 21 anni”, racconta, con la voce rotta dalla commozione, Lucio Ulargiu. Nato a Segariu 65 anni fa, impasta e fa pane da quando ha diciassette anni. Una scelta un po’ sofferta, quella di fermarsi e abbassare la serranda: “Sono in età da pensione, potrò rilassarmi e godermi, con mia moglie, i nostri nipotini. Ma dispiace che nessun giovane abbia voluto continuare a tenere aperto il forno, esiste dal 1948. Purtroppo, i ragazzi di oggi preferiscono la vita mondala. Io ho sempre lavorato, non solo a Segariu. Prima di arrivare a Villamar ho fatto il panettiere a Senorbì e Sanluri. Sono stato a Rimini dove ho lavorato per tante stagioni, e addirittura negli Stati Uniti”, prosegue Ulargiu. Anni, meglio, decenni di lavoro: ora è arrivato il momento di tirare i remi in barca.
“Abbiamo due figli, fanno altri lavori”. Non hanno insomma seguito la tradizione di famiglia. Tradizione della panificazione che ha visto Lucio e Marina sfornare rosette, ciabatte e grissini “utilizzando un forno antico, a induzione indiretta, alimentato con il gasolio. Bisogna fare molta attenzione, se sbagli i dosaggi poi il sapore del pane non è buono”, osserva, da gran esperto, il 65enne. “E poi, ormai troppi vanno a comprare il pane nei centri commerciali e non più nelle panetterie”. Un’affermazione tanto scontata quanto reale. E un’altra bottega storica sarda che chiude. Forse, per sempre.


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