“Vigilanza Sardegna, vi racconto la vera storia di questo dramma”

E’ ormai bufera sul futuro delle guardie giurate della Storica Cooperativa, tra fallimento e lo spettro dei licenziamenti: lo sfogo dell’ex guardia giurata – sindacalista dell’UNAL, (Sindacato Vigilanza Privata).


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Un dramma dentro un dramma. E sulla bufera che incombe sulla vicenda “Vigilanza Sardegna”, a storcere il naso sulle disavventure della storica società Cooperativa più importante nell’Isola, è Efisio Atzeni, di Monserrato, classe 1949, storico socio della Vigilanza, guardia giurata e agguerrito sindacalista e segretario provinciale dell’Unal (Sindacato Vigilanza privata). Lui stesso, un fiume in piena, ha rotto il silenzio poche settimane fa sul nostro giornale, denunciando in esclusiva una situazione che a suo dire “si trascinava da troppo tempo”: «In questo mondo di squali, le aziende si prendono a  gomitate pur di acquisire un qualsiasi tipo di appalto – dice Efisio Atzeni – poco importa, per loro, se lo si acquisisce ad una offerta minore al costo reale del lavoro. Le aziende, pur di realizzare il loro utile che si sono prefissate, si rifanno sul lavoratore. Se qualche lavoratore  tenta di far valere i suoi diritti (acquisiti?), avanzando una legittima richiesta, o protesta, la risposta del datore di lavoro è sempre la stessa: se non ti sta bene puoi anche andartene nessuno ti costringe a stare qui. Forti soprattutto del fatto che di lavoro in giro ce n’è poco o quasi niente ed è difficile trovarne altri. E quindi, come fa un lavoratore a rinunciare al lavoro? Ad un lavoro sebbene sotto pagato. Lui ha famiglia, moglie marito figli, spese costanti per servizi essenziali: acqua luce gas e balzelli statali e comunali, spese sanitarie, spese per il mangiare e per mantenere i figli a scuola, e per utilizzare il proprio mezzo di locomozione, o i canoni per i mezzi pubblici, e qualche volta è anche necessario comprarsi  l’abbigliamento, e poi che dire delle spese impreviste, quelle non mancano mai. Quindi, le spese di una singola persona si moltiplicano per il numero dei componenti il nucleo familiare. Non rimane altro che soccombere, e qualcuno arriva alla disperata decisione di togliersi la vita. Ma il problema è sempre lì. Passa  solamente di mano, e chi rimane si ritrova con un problema maggiore. Inoltre c’è anche l’altro  aspetto, non meno drammatico, quando un datore di lavoro oberato da più difficoltà  si vede costretto a chiudere l’azienda e così è costretto suo malgrado licenziare i propri dipendenti».   

LA VICENDA DELLA VIGILANZA. Un dramma che si propone in qualunque parte dell’Italia: «Personalmente conosco bene quella della Vigilanza Sardegna, oggi salita alla cronaca – afferma l’ex vigilantes, Efisio Atzeni, attualmente in pensione – nasce nel 1970 da un gruppo di Guardie Particolari Giurate, provenienti da un altro Istituto di Vigilanza “La Sicurezza Notturna”, in contrasto con l’allora datore di lavoro a causa dei continui  turni massacranti e  sotto pagati. Allora questo gruppo con coraggio e determinazione costituirono una società di vigilanza . Credo che si chiamasse “Vigilanza di Cagliari e Provincia”, ma poco importa il nome. Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere alcuni di loro. Sentire dalla loro viva voce il coraggio e la determinazione che hanno profuso per realizzare tale società, con le fatiche e i sacrifici. Si arriva così al 1974/1975 e le cose cambiano. La fortuna arride a questo gruppo, aumenta di colpo il lavoro: una nuova commessa che si chiama  “Regione Sardegna”. La Società cresce ma si commette l’errore di demandare la gestione a poche persone, senza operare alcun controllo, con il solo risultato che chi gestiva la società lo faceva in modo libertino. Così, a seguito di una denuncia, si ebbe, tra l’altro la visita e l’ispezione della Guardia di Finanza per tutta una serie di “peccati”. Infine, la società aveva due scelte o consegnare i libri in tribunale o convincere i soci  ad una capitalizzazione della società, e ripartire. Quindi tutti i soci, di allora, misero di tasca propria un milione di vecchie lire, (anno 1986), un sacrificio enorme, pur di non perdere il lavoro. Visti i risultati positivi, si continuò a versare  costanti ratei mensili di apporto al Capitale Sociale. E così è nata questa potenza economica e di lavoro denominata poi “Vigilanza Sardegna Società Cooperativa”». 

IL LENTO DECLINO DI UN IMPERO. Lo sfogo personale prosegue: «L’entusiasmo e la tenacia ha portato la cooperativa ad una crescita professionale e numerica – sottolinea Atzeni – Negli anni si sono succeduti vari CDA. Ancora una volta un CDA fece l’errore di sottovalutare un problema che era vitale per la sopravvivenza della società. Personalmente sollevo il pericolo anche in una assemblea. Ma ritenevano assurdo le mie valutazioni. Allora, ricordo di aver detto “ a questo punto preferisco che si perda il lavoro della Regione, perché solo così potrete capire quanto dico. Illazioni, scherni, derisioni a non finire, seguiti anche da una visita di alcuni amministratori in privato. Così hanno capito il baratro in cui si erano infilati e hanno corretto il loro metodo gestionale. Poi, come sempre,si continua andare avanti, a dimenticare e a ripetere gli errori del passato. La incapacità gestionale ha dato i suoi frutti grazie anche al parallelo disinteresse gestionale della maggior parte dei soci. A nulla sono valse gli interventi di alcuni soci che chiedevano all’intera società un cambiamento di rotta, una gestione più oculata e più da buon padre di famiglia. La situazione prospettata da alcuni soci, purtroppo si è presentata in tutta la sua gravità. A mio avviso, questo è potuto succedere, perche si è usato la fame, l’ingordigia dei soci, la loro pretesa di guadagnare sempre di più,  e così farli lavorare di più per guadagnare di più. E così la maggior parte delle GG vivevano in base al surplus di guadagno. Oggi la Vigilanza Sardegna s.c.r.l. è fallita! Con tutte le conseguenze inerenti di un fallimento. Il CDA adduce tale fallimento alla crisi di mercato  presente in tutta Italia. Io dico “mala gestione”, facendo così ricadere su tutti il fallimento». 

DA VIGILANTES A PORTIERATO. Il lungo racconto dell’ex guardia giurata – sindacalista, prosegue ad oltranza: «Così come evidenziato e scritto nelle varie denunce presentate al Ministero, al Tribunale e le sue relative sentenze – afferma – alcuni lavori sono migrati verso altre Utenze. Di conseguenza le persone interessate  e che hanno aderito ai nuovi datori di lavoro hanno firmato il relativo contratto. Alcuni presso una società di vigilanza, con contratto vigilanza armata, con contratto orario di circa sette/otto ore, e non dei 12 ore e più che si faceva. Altri cambiando proprio tipologia di lavoro da Vigilanza armata a portierato vigilanza non armata. Naturalmente chi ha aderito ha dovuto logicamente firmare il contrato proprio dei portieri. Per quanto ne so, tale contratto di portierato oscilla tra le €5,0 a €7,0 naturalmente anche in tanti casi senza il riconoscimento della 13 esima e 14esima, straordinari, ferie, permessi o maggiorazione retributiva di qualche tipo. Che io sappia il contratto applicato è del tipo “A1” A mio avviso il contratto di portierato è un abuso in piena regola “A”, indica il portiere “classico” (quello che pulisce le scale, innaffia i fiori, prende la posta, …).  Il numero “1” indica il sottogruppo che specifica solamente “privo di alloggio di portineria” Penso che il livello più opportuno per il nostro caso, personale ex Vigilanza Sardegna sia  il  “D1”. La D1) è per Lavoratori addetti all’attività di vigilanza non armata esercitata in modo non discontinuo, anche sussidiari del portiere titolare ed operanti contestualmente con esso o negli orari parzialmente non coperti dal servizio di portineria, esclusivamente nell’ambito di stabili a prevalente utilizzo commerciale, di complessi residenziali o di immobili di notevoli dimensioni. In merito alla Vigilanza Sardegna, al suo personale per quanto se ne parla e si discute,  umanamente posso dire di essere  vicino a chi ha perso il lavoro,a  chi è in difficoltà, a chi ha dovuto cambiare tipologia di lavoro, pur di continuare a vivere, nella qualità di unico riferimento della propria famiglia. E’ questo il vero dramma di tutte queste persone.  Avevano modellato la propria vita, il proprio stile di vita, in base a introiti mensili tra i € 1.400,00 e molti di loro superavano i € 2000,00. Uno stile di vita permesso dai vari CDA, e eccoci oggi al vero dramma: senza lavoro e con stipendi ridimensionati al nuovo tipo di lavoro e di contratto, per loro stipendi miseri. E’ dura cadere dalle stelle alle stalle. E’ dura risvegliarsi e trovarsi in una realtà totalmente nuova. Per tutto quanto ho già detto, ritengo di essere obiettivo e realista. Non ritengo di essere cattivo, né cinico, quando dico che tutti i soci se la sono cercata. Non hanno voluto dare ascolto e peso alle parole, ai ragionamenti di chi a suo tempo cercava a più riprese, con forza far capire e far vedere il baratro in cui ci si stava infilando. Facevamo battaglie non per noi stessi ma perché ne potesse beneficiare tutta la società, per non farla precipitare!  Sto parlando in prima persona di me e di altri pochi coraggiosi colleghi che con coraggio, assieme a me hanno perseguito il vero scopo sociale. Si contano solo nelle dita di una mano. Inoltre, alcune centinaia di soci dovrebbero ricordarsi di quando, il sottoscritto, in una assemblea riunita, ha risollevato per l’ennesima volta il problema. Ho cercato di far capire il baratro in cui ci si stava incanalando. Ho cercato di chiarire anche con un messaggio figurativo (per arrivare alle singole menti): ho descritto la cooperativa come una entità che ripeteva il metodo lavoro della “La Cicala e la Formica”. Nonostante ciò, non sono stato ascoltato, e non  siamo stati ascoltati, ma derisi e beffeggiati, additati quali disturbatori e distruttori della società, pericolosi per la sicurezza di tutti. Oggi tutte le nostre paure si sono avverate, le carte e il Tribunale ci danno pienamente ragione. Purtroppo è una vittoria di Pirro, una amara consolazione». (Alessandro Congia Castedduonline.it)