“Utero in affitto? Chiamiamolo semplicemente gestazione per altri”

L’intervista del giorno di Casteddu Online. Parla Elisabetta Dettori, presidente della Commissione Pari Opportunità di Cagliari: “Facciamo attenzione alle parole: si tratta di una pratica legale utilizzata in molti Paesi del mondo”


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Due chiacchiere con Elisabetta Dettori, dal 2013 Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari, promotrice fra le tante iniziative delle nuova toponomastica al femminile in alcuni quartieri della città e del piano antiomofobia.

La notizia della nascita del figlio di Nichi Vendola e del suo compagno tramite “utero in affitto”, ha fatto scalpore. Anche a Cagliari sono scoppiate varie polemiche da più parti politiche. C’è chi si indigna e parla di mercificazione del corpo della donna, lei cosa ne pensa?

E’ necessario fare molto attenzione con le parole che si usano. Non mi piace riferirmi a questo argomento utilizzando la frase “utero in affitto”. Dà una visione sbagliata della questione, io preferisco chiamarla “gestazione per altri”. Bisogna tenere sempre presente un principio basilare: l’autodeterminazione e la libertà della donna, del proprio corpo e della propria individualità. Riportare la questione da un diritto individuale agli interessi della sfera pubblica (che quindi prevarrebbero sulla donna) è un rischio al quale non si può correre.  Si tornerebbe indietro di anni. L’argomento è molto delicato e spinoso, ovviamente, non ritengo corretto schierarsi in materia determinata contro, capisco però che possano nascere perplessità riguardanti lo sfruttamento della donna, soprattutto nei paesi poveri, e al riguardo bisognerebbe prendere le relative tutele. Penso che la notizia sia stata strumentalizzata. Innanzitutto, la “gestazione per altri”, è un sistema legale utilizzato da anni in diverse parti del mondo, soprattutto da coppie eterosessuali che non possono avere figli, e non un qualcosa che nasce oggi e pretesa dalle coppie omosessuali, come si vorrebbe far passare.

Fra meno di una settimana ricorre la Giornata Internazione della Donna. L’8 marzo in tutto il mondo si ricordano le conquista sociali, politiche ed economiche, ma anche le violenze e le discriminazioni di cui purtroppo ancora oggi le donne sono vittime.  Lei pensa che si sia arrivati alla parità di genere nelle Istituzioni e negli altri ambiti in Sardegna e, in particolare, a Cagliari?

C’è ancora tanto da fare in tutti i campi. Penso che soprattutto negli ultimi anni sia scaturita una maggior consapevolezza nella società, grazie anche ad alcuni strumenti legislativi che sanciscono la presenza femminile nella sfera pubblica (per esempio nei consigli di amministrazione delle società), o attraverso la doppia preferenza di genere nelle politiche. Qualche passo avanti è stato fatto, qualche differenza inizia a vedersi, ovviamente siamo ancora molto lontani dal raggiungere l’obiettivo.  Donne sindaco, Presidentesse di Regione, Consigliere o Assessore, sono in numero nettamente inferiore rispetto ai colleghi uomini. A parità di lavoro poi, non corrisponde parità di compenso. I numeri sono sotto gli occhi di tutti. Per quanto riguarda la situazione a Cagliari, posso dire che almeno nel nostro comune si va controtendenza, il Sindaco Zedda ha sempre mostrato grande attenzione alla parità di genere, sia nella presenza di donne nella sua giunta che nelle politiche attuate.

Lei è Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Cagliari, quali sono stati gli interventi svolti finora e quali le azioni in programma in favore della parità di genere?

Abbiamo in cantiere vari interventi, uno molto importante a cui  stiamo lavorando in questo momento si chiama “lavorare in parità”. Si tratta di un progetto che prevede la diffusione di una serie di informazioni (una sorta di vademecum) sui servizi nel territorio destinati ai lavoratori e alle lavoratrici su tematiche che vanno dal mobbing, al congedo parentale, alle normative giuslavoriste,  e a tutte le dinamiche per conciliare la vita lavorativa a quella familiare. Coinvolgeremo vari enti affinché si crei una rete di informazioni e servizi a favore di questo progetto.

Inoltre, con l’Assessorato alle Politiche Sociali avvieremo dei progetti di conciliazione per l’estate e abbiamo in programma azioni riservate all’integrazione del regolamento delle pubbliche affissioni al fine di arginare la pubblicità sessista. Molto importante è proseguire nel progetto per la titolazione di vie e piazze a donne sarde e non (storiche, letterate, scienziate, giornaliste, etc) che meritano un rinascimento e la giusta visibilità. Abbiamo iniziato con il Villaggio dei pescatori, ma abbiamo individuato una serie di luoghi come piazze e scuole che ancora non hanno un nome.  Affinché le targhe sulle vie non restino meri nomi, compito fondamentale di diffusione della conoscenza sarà quello svolto dalle scuole, dove i bambini e le bambine conquisteranno la consapevolezza che la Storia non è fatta solo dagli uomini, ma per metà anche dalle donne.