Università, un ponte con l’Africa per la gestione dell’acqua

Sono arrivati dal Kenya, dall’Etiopia e dalla Tanzania per discutere con i ricercatori dell’Università di Cagliari le modalità per realizzare un sistema di gestione integrata delle risorse idriche, per i comparti potabile, agricolo e zootecnico, in tre aree interessate dalla contaminazione del fluoro

Sono arrivati dal Kenya, dall’Etiopia e dalla Tanzania per discutere con i ricercatori dell’Università di Cagliari le modalità per realizzare un sistema di gestione integrata delle risorse idriche, per i comparti potabile, agricolo e zootecnico, in tre aree interessate dalla contaminazione del fluoro. Ma al coordinatore del progetto internazionale FLOWERED, il prof. Giorgio Ghiglieri, interessa anche “fornire formazione di alto livello per garantire autonomia alle popolazioni interessate dalla realizzazione delle opere”.

A spiegare quanto la contaminazione da fluoro sia un problema dalle terribili conseguenze sulla salute ci ha pensato questa mattina – tra gli altri – Enos Wambu, della University of Eldoret: l’ateneo keniota è coinvolto, come gli altri partner, in un programma che l’Unione europea ha deciso di sostenere con tre milioni di euro attraverso Horizon2020. Prima di lui Revocatus Machunda, della Nelson mandela-AIST (Tanzania) aveva illustrato le caratteristiche della ricerca sul tema nel suo Paese. “E’ un’altra iniziativa di successo – ha spiegato il prof. Luigi Raffo, delegato Europa del Rettore dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo – Tra il 2007 e il 2013 la programmazione europea ha finanziato 36 progetti in cui è coinvolta UniCa, sei dei quali come coordinatore. Nei primi due anni di Horizon2020 sono già stati approvati 7 progetti che ci vedono coinvolti, di cui due con il nostro Ateneo a coordinare le attività”. Il totale dei finanziamenti ottenuti supera i 10 milioni di euro: cifre che mostrano la qualità della ricerca dell’Università di Cagliari, apprezzata dall’Unione europea. A testimoniarlo, questa mattina, c’era Keti Medarova-Bergstrom, EU Project adviser Eco-innovation.

Con il coordinamento del dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, lavorano il Nucleo Ricerca sulla Desertificazione – NRD dell’Università di Sassari, il Centro di GeoTecnologie dell’Università di Siena, il Departament de Cristallografia, Mineralogia i Dipòsits Minerals, Facultat de Geologia (Universitat de Barcelona – Spagna), l’Institute of Biological Environmental and Rural Sciences (University of Aberystwyth (IBERS-AU) – United Kingdom, il College of natural Sciences University of Addis Ababa (AAU) – Ethiopia, il Department of Chemistry and Biochemistry, School of Science, University of Eldoret (UOE) – Kenya, il Nelson Mandela African Institution of Science and Technology (NM-AIST)-Tanzania, Oikos East Africa (OEA) – Tanzania, Observatoire du Sahara et du Sahel (OSS) (International, Intergovernmental Organization operating in Africa’s Sahara-Sahel Region)- Tunisia, Hydro Technical Engineering S.r.l. (HTE)- Italy, Planetek Italia S.r.l. – Italy, D D’Enginy Biorem S.L.- Spain, Geomatrix PLC- Ethiopia.

Dopo i saluti del direttore del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche, Maura Monduzzi, e del coordinatore del corso di laurea in Scienze e tecnologie geologiche, Rosa Cidu, spazio al kick off di un progetto seguito con entusiasmo e curiosità. Nella mattinata nei locali di via Trentino si è discusso ad alto livello: 14 i partner coinvolti (comprese ONG e aziende), provenienti da tre Paesi europei e quattro africani. Di valore anche il ricordo – da parte del prof. Antonio Vernier – del prof. Roberto Valera, pioniere della cooperazione internazionale, specie con alcuni Paesi dell’Africa coinvolti nel progetto.


In questo articolo: