Siliqua, dove si è fermata la nuova zona industriale del paese?

L’opera, approvata nel 2011, è rimasta sinora incompiuta

Nella foto, l’area sulla statale 130 dov’era prevista la nuova zona industriale di Siliqua

Sulla statale 130, in prossimità del secondo svincolo per Siliqua, nella direttrice Iglesias-Cagliari, era prevista la nuova zona industriale del paese. Questo all’epoca della precedente giunta comunale guidata dall’ex sindaco Piergiorgio Lixia. Un lungo iter di cui si era cominciato a parlare negli anni ’80 in ter­mini di un pos­sibile sviluppo industriale dell’economia locale. Le infor­mazioni, sull’opera rimasta incompiuta  si sono fermate al 2011, quando il Consi­glio comunale approvò l’ordine del giorno avente per oggetto la “Variante urbanistica al P.U.C. relativa­mente alla creazione di Nuova Zona “D” e di una Nuova zona “G”. In quell’occasione il Consiglio ap­provò un provvedimento che riguardava l’avvio definitivo alla nascita della nuova zona indu­striale a ridosso della statale 130. Per la cronaca, in quell’occasione l’ex sindaco Lixia (oggi consigliere del gruppo di opposizione) espresse la soddi­sfazione propria e del Consiglio per avere raggiunto l’importante obiettivo, ma lo stesso sindaco non tralasciò di esprimere la sua amarezza per l’assenza dei con­siglieri di minoranza nella di­scussione di un argomento di vitale importanza per lo sviluppo futuro del paese. Il provvedi­mento, approvato e pubblicato sul Buras (bollettino ufficiale atti Regione Sardegna) prevede due zone: la zona D/3, che è la zona industriale di nuova individua­zione, e la zona D/12, de­stinata ai servizi d’interesse ge­nerale. Al momento, risulta  che le due zone sono operative, nel senso che chiunque, imprendi­tore o privato, può servirsene per avviare un’attività commerciale, con il gravoso impegno di comprare l’area da utilizzare e provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. Pertanto, per rendere opera­tiva la nuova zona industriale di Siliqua si attende l’arrivo di imprendi­tori disposti a costruire i loro stabilimenti indu­striali. La nuova situa­zione indu­striale, però, non risulta sia stata ade­guatamente pubblicizzata, e di conseguenza al momento non ci sono richieste. C’è quindi il rischio che la speranza e la con­vinzione dei pro­motori che il prov­vedimento possa costituire la base di partenza di una possi­bile linea di crescita e di svi­luppo per l’economia del paese, rimanga soltanto un so­gno. 


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