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La sveglia è puntata alle cinque del mattino da oltre mezzo secolo. Ha 67 anni Sebastiano Brodu: nato a Desulo, terza media in tasca, “gli ultimi due anni fatti da privatista, la mia famiglia si è trasferita a Decimoputzu e non sono riuscito ad ambientarmi nella nuova scuola” e 300 pecore e cento capre che rappresentano l’unico sostentamento per lui, per la moglie Maria, “casalinga” e per la figlia Manuela, “studentessa universitaria” di 28 anni. “Da piccolo sono andato per campi insieme a mio padre, i periodi della transumanza sono indimenticabili e mi sono stati utili per apprendere il mestiere”. Un lavoro durissimo, quello del pastore, e senza orari: “Non è come curare un campo di carciofi, lì se ci si prende una settimana di vacanza non succede nulla, ma se si lascia anche solo per un giorno il bestiame è la rovina”, afferma Brodu.
La crisi morde tantissimo, e il latte viene pagato “sessanta centesimi al litro. A fine anno è molto se, togliendo le spese, riesco a ricavare tra i cinque e i settemila euro. Facendo i debiti calcoli, non ci esce la giornata”, dice sconsolato. “La maggioranza dei pastori sardi è indebitata, molti temono che i loro beni siano messi all’asta. Ho costruito la casa nella quale viviamo in tre con le mie mani e grazie all’aiuto di mio padre. Il latte di pecora va pagato almeno un euro più Iva al litro, quello di capra, che è più ricercato dai consumatori, almeno novanta centesimi. Ci sono tante cose da pagare: veterinario, mangimi, pure io foraggio se per un po’ di mesi non piove. Io non ho studiato chissà quanto, è vero, ma la dignità non riuscirà a levarmela, mai, nessuno”.