I numeri sono tutti impietosi, la Sardegna dopo l’emergenza Covid paga una sanità territoriale praticamente a pezzi. Le prestazioni mediche saltate durante i periodi bui di lockdown e restrizioni sono state recuperate solo in parte: il 34% di chi doveva essere visitato o curato è stato ricontattato, il restante 66 resta in una condizione di incertezza ed abbandono, con tutte le preoccupazioni del caso legate a questa o quella patologia. A snocciolare i dati è la fondazione Gimbe, che mette l’Isola tra le ultime regioni italiane sotto varie voci. Il recupero dei ricoveri chirurgici programmati nell’Isola è pari al 29%, la media italiana è del 66%, quella degli inviti a screening oncologici è del 56, in ritardissimo rispetto alla media nazionale dell’ottantadue per cento. Ancora: la percentuale di recupero delle prestazioni di screening oncologico è al 44% (Italia 67%). Solo il 10% della prestazioni ambulatoriali è stato recuperato da quando è stata dichiarata sconfitta la pandemia, in Italia la media è del 57 ed è dell’1% la percentuale di committenza alle strutture private accreditate contro il trenta per cento dell’Italia.
Altri dolori arrivano anche leggendo i dati legati al recupero delle prestazioni ambulatoriali:10% mentre nel resto del Paese si arriva al 57% con la Sardegna penulttima. Altro dato messo in evidenza dalla Fondazione Gimbe è la percentuale del finanziamento rendicontato paragonato a quello assegnato: Isola penultima in Italia con una percentuale del ventisei per cento. La distanza con la media italiana, 69%, in questo caso è lunare.