Cagliari – La Bruzzone “diffamata” tramite social: in aula questa mattina ha esposto anni di “persecuzioni” subite, “oltre 500 i post pubblicati, per quattro anni sono stata costretta a monitorare” pagine e profili Facebook. La vicenda è inerente al caso di Valentina Pitzalis, la donna sfigurata dal fuoco per mano del marito il 17 aprile 2011 a Bacu Abis. La famiglia dell’uomo, Manuel Piredda che morì durante il rogo in cui Pitzalis rimase gravemente ustionata, non ha mai creduto al fatto che il loro unico figlio avesse tentato di uccidere la moglie. Denunciò Pitzalis, nuove indagini furono condotte dagli esperti e nel 2020 il giudice scagionò la Pitzalis da ogni accusa mossa contro di lei. Non vi fu riscontro, infatti, di una teoria diversa da quella che Piredda tentò di uccidere la donna, rimanendo lui stesso vittima dell’incendio appiccato.
In questo contesto entrò in scena Roberta Bruzzone, criminologa di fama nazionale, che, come per altri casi, anche tramite social, ha affrontato quello di Valentina Pitzalis. Questa sua esposizione non fu, però, secondo la parte offesa, gradita dalla famiglia del giovane o da chi, comunque, gestiva le pagine social e i profili in cui fu messa in atto una campagna contro la Bruzzone. Sempre secondo l’accusa, fu messo in atto un attacco contro la sua persona e la sua famiglia, frasi altamente diffamatorie riprodotte oggi nell’aula del tribunale dove la parte offesa, Roberta Bruzzone, è stata sentita dal giudice.
Non erano presenti in aula gli imputati, Elisabetta Sionis, criminologa sarda, e Roberta Mamusa, la mamma di Manuel Piredda.
La Bruzzone ha ripercorso con precisione quanto accaduto dal 2017 in poi, ossia centinaia di post social pubblicati contro lei e anche con chiari riferimenti alla sua famiglia. Una foto, infatti, estrapolata dal profilo Facebook di un parente di Bruzzone era stata pubblicata in uno dei profili, probabilmente, riconducibili almeno ad uno degli indagati: i volti erano stati oscurati e frasi offensive e diffamatorie erano state allegate alle immagini. “Una serratissima campagna persecutoria” è stata definita da Bruzzone l’accusa che ha fatto scattare il rinvio a giudizio per Sionis e Mamusa. La prossima udienza è stata fissata a ottobre.