Ospedali bloccati tre mesi per il covid: “Un milione di visite arretrate in Sardegna”

L’associazione Walter Piludu: “L’accumulo spaventoso delle liste d’attesa  ha causato dolore e pressanti richieste di soccorso, specialmente da parte dei malati più gravi. La politica rimetta in primo piano il diritto alla salute”


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Riportare in primo piano il diritto di tutti alla salute, pesantemente messo  in  angolo  dall’emergenza  Covid-19. L’Associazione  Walter  Piludu  scrive una lettera aperta al mondo  politico  sardo. “Sono  drammaticamente  evidenti, anche nella nostra isola, i danni collaterali legati alla sospensione negli ultimi tre mesi  delle  normali  attività  sanitarie  dei  presìdi  territoriali.  Ospedali, poliambulatori,  studi  medici  specialistici,  laboratori  di  analisi  hanno  chiuso  i battenti per i pazienti non Covid, dal 9 marzo sino al 3 giugno, determinando un accumulo spaventoso delle liste d’attesa (oltre un milione di visite arretrate), causando dolore e pressanti richieste di soccorso – specialmente da parte dei malati più gravi – che non possono non interrogare la coscienza di ciascuno.
 Così come sono stati purtroppo evidenti i danni anche tragici provocati dai ritardi nel provvedere alla tutela del personale sanitario e dei pazienti con rifornimenti di adeguati strumenti di protezione.
Questo  tuttavia  non  è  il  momento  delle  recriminazioni  e  delle  polemiche. Riteniamo sia urgente guardare avanti e soprattutto sollecitare fermamente chi ci  amministra  a  correre  ai  ripari.  Anche  in  vista  di  un  possibile  ritorno dell’emergenza. Se la pandemia ci ha colti impreparati, mettendo a nudo le tante debolezze  e  inefficienze,  certo  non  casuali,  accumulatesi  negli  anni,  è impensabile che si continui a navigare a vista. La sanità deve essere pronta. Lo chiedono i malati che fanno riferimento ad associazioni come la nostra, lo chiede la società civile.
Il sistema sanitario sardo va rimodulato. Il caso Lombardia ha dolorosamente evidenziato i risultati nefasti di una organizzazione territoriale messa in secondo piano a favore di altre attività sanitarie, sia pure di eccellenza. Il cambiamento è improrogabile, per venire incontro alle esigenze di chi ha urgente bisogno di cure, e per preparare un futuro più certo per tutti. ​
Attualmente, in Italia, i dati relativi alla pandemia sono confortanti. Segno dei comportamenti  virtuosi  che  hanno  portato  alla  riduzione  della  contagiosità.
Nessuno però può garantire che il virus, che oggi ha al suo attivo oltre sette milioni di contagiati in tutto il mondo, non si ripresenti, in autunno, in inverno, in altre forme negli anni futuri, sempre più segnati dal nostro rapporto malato con l’ambiente e da una globalizzazione che mette pesantemente in gioco la salute dell’intera collettività.
 In quest’ottica, dobbiamo ancora attenerci alle note regole  di  prudenza  e  cautela,  ma  innanzitutto  è  nostro  dovere  sollecitare l’attenzione delle istituzioni preposte a garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini. E non si dica che non ce lo possiamo permettere. Sebbene le risorse finanziarie dello Stato non siano illimitate, come utilizzarle – destinandole ad uno o ad altro scopo – è sempre una questione di scelte e priorità”.


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