
Ancora qualche ora e si saprà se il governo andrà avanti ancora per un anno oppure si dovrà andare a elezioni anticipate. Domani il premier dimissionario Draghi riferirà al Senato e poi alla Camera, dove gli sarà votata la fiducia con voto uninominale. Questa mattina, lungo incontro con il leader del Pd Letta, il partito che più di tutti teme le elezioni anticipate non avendo ancora lavorato a quel campo largo con i 5 stelle – e non solo – che gli consentirebbe di competere con il centrodestra, en subito dopo Draghi è salito nuovamente al Quirinale dal presidente della Repubblica Mattarella.
Tutt’intorno, è un crescendo di appelli, pressing, raccolta firme, spread impazziti e leader del mondo che chiedono a Draghi di restare per garantire stabilità e traghettare il paese in acque più tranquille prima di andare al voto. E di partiti che iniziano a dire la loro su cosa fare e come farlo: la Lega, con Salvini che ha riunito ministri e vertici del partito, ha chiuso definitivamente le porte all’ipotesi di proseguire con i 5 Stelle in maggioranza, come già aveva detto Forza Italia. Giorgia Meloni già si immagina a Palazzo Chigi e, metaforicamente, prepara la lista dei ministri, mentre i 5 Stelle sono definitivamente esplosi prima e implosi poi: si va verso una seconda scissione fra vendette e veleni, per portare una trentina di parlamentari dalla parte di Draghi con un nuovo gruppo o nel gruppo Misto, cosa che polverizzerebbe definitivamente i grillini, affondati anche dalla battaglia personale che Conte ha intrapreso con Draghi.