Nuovi scavi a Cuccureddus: fu un sito fenicio strategico

A 30 anni dalle prime ricerche, emergono nuovi studi e reperti che rivelano un insediamento molto più ampio di quanto originariamente ipotizzato e ne confermano l’importanza cruciale nelle rotte commerciali del Mediterraneo


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Un insediamento molto più vasto di quanto originariamente ipotizzato, il rinvenimento di nuovi ambienti e reperti che potranno dare finalmente risposta alla numerose domande sulle origini del sito fenicio-punico di Cuccureddus, a Villasimius, e in particolare consentiranno di chiarire quale sia stato il suo ruolo nel Mediterraneo. A distanza di trent’anni dai primi scavi condotti negli anni Ottanta, sono questi i dati emersi a seguito del riordino e dello studio dei vecchi materiali, iniziato nel 2016, e dalla nuova campagna di scavi partita il 26 settembre scorso. Le ricerche, che vanno a completare quelle già effettuate nel 2017 e proseguiranno fino al 23 ottobre, sono state presentate ieri sera, nel corso di una conferenza stampa a Villasimius, dal professor Michele Guirguis, del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università degli Studi di Sassari, che coordina i lavori.

“Ora sappiamo con certezza che l’insediamento di Cuccureddus dominava la baia del rio Foxi fin dai tempi dei fenici, ma probabilmente già in età nuragica, e fu un approdo strategico nell’ambito delle rotte commerciali centro-mediterranee, unico punto di accesso assieme a Sarcapos della costa orientale e prima porta di accesso verso il Golfo degli Angeli. Qui venne eretto anche un santuario, probabilmente dedicato alla divinità femminile Astarte, che con alterne vicende continuò a essere frequentato sino all’età romana imperiale, come testimonia il rinvenimento di monete del periodo”, afferma l’archeologo.

I REPERTI – Il materiale rinvenuto è molto eterogeneo, soprattutto di tipologia fenicia, ma anche greca ed etrusca. Tra gli oggetti ritrovati negli scavi più recenti, una lucerna in ceramica, un deposito di anfore di età fenicia e 12 monete di età romana, raffiguranti, tra gli altri, gli imperatori Aureliano, Marco Aurelio, Agrippa e Giuliano L’Apostata. “Abbiamo scoperto che i reperti di epoca fenicia sono rimasti protetti sotto un crollo avvenuto a causa di un incendio avvenuto intorno al 520 a.C., dopo di che l’area è rimasta quasi totalmente disabitata fino al 300 a.C., quando ritroviamo le prime testimonianze di un santuario risalente all’età punico-romana, che rimane in uso fino al V secolo d.C”, sostiene il professor Guirguis. La presenza del santuario sarebbe confermata dal ritrovamento di cretule in argilla, che rinserravano documenti in papiro e in genere in età arcaica erano localizzati all’interno dei templi. Altri resti fanno ipotizzare la presenza di una necropoli  fenicia. Nuovi dati stanno trapelando anche dallo studio e dal riordino di vecchi materiali rinvenuti negli anni Ottanta: molta ceramica etrusca e una matrice in pietra per produrre piccoli gioielli in metallo pregiato.

I NUOVI SCAVI – Gli scavi 2018 mirano in particolare a ottenere nuovi dati sull’articolazione degli ambienti che si trovano affacciati sul bordo del pianoro di Cuccureddus e a concludere l’esplorazione stratigrafica di quelli già posti in luce, fino al raggiungimento della roccia vergine. In parallelo si lavorerà, oltre che sulla documentazione planimetrica generale e di dettaglio, per un ampliamento dell’area di scavo verso la parte centrale del pianoro, al fine di verificare la presenza di ulteriori strutture e strati di deposito.  “Al momento, dopo una prima campagna di ricerche svoltasi nell’ottobre 2017, siamo impegnati negli scavi stratigrafici sul colle più basso di Cuccureddus, dove le prime indagini effettuate negli anni Ottanta avevano messo in luce un insediamento e un santuario di età fenicia e romana”, spiega lo studioso.

La nuova stagione di ricerche, d’intesa tra il Comune di Villasimius e il Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari, sta riportando alla luce le testimonianze sulla frequentazione umana nel pianoro tra la fine del VII sec. a.C. e il IV-V sec. d.C., circa un millennio di storia. Agli scavi partecipano archeologi, specializzandi e studenti dell’Università di Sassari. “Le indagini del 2017 hanno mostrato l’ampia potenzialità del sito, in termini di elementi utili per la ricostruzione della frequentazione nel corso dei secoli di questo settore della Sardegna sud-orientale, con specifico riferimento alle fasi di età fenicia. Gli scavi, sebbene su una porzione ridotta del sito e all’interno di strutture già individuate, hanno confermato l’articolazione cronologica complessiva dell’area, dall’età fenicia a quella romana”, afferma il professor Guirguis. “Nel 2018 ci stiamo concentrando sull’individuazione di altre strutture murarie che possano attribuirsi ad età fenicia, con un allargamento del fronte di scavo verso la parte centrale del colle – prosegue l’esperto – mentre le testimonianze di età romana imperiale sono al momento documentate esclusivamente attraverso reperti mobili”. La maggiore precisione delle ricerche è resa possibile anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, tra cui droni e gps differenziale per il telerilevamento.

FRUIZIONE TURISTICA – I risultati delle ricerche a Cuccureddus saranno inoltre presentati nell’ambito del IX Congreso Internacional de Estudios Fenicios y Punicos, in programma a Mérida (Spagna) il 22 ottobre prossimo. “La visibilità in un consesso internazionale contribuirà in maniera concreta alla conoscenza e diffusione del patrimonio culturale e archeologico di Villasimius”, sostiene il direttore degli scavi, sottolineando anche la valenza paesaggistica di questo sito: “La collocazione a 62 metri sul livello del mare a ridosso della spiaggia di Campus, con una vista spettacolare sulla costa, rende Cuccureddus estremamente suggestivo nell’ottica di una fruizione futura da parte dei visitatori”. E’ già in progettazione l’installazione di pannelli esplicativi che saranno posizionati all’ingresso della strada di accesso all’area e a ridosso del sito, in attesa che l’insediamento possa diventare pienamente visitabile.

CULTURA PRIORITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE – “Con uno stanziamento importante di risorse per la cultura, anche in un’ottica di destagionalizzazione, abbiamo voluto tracciare un solco, e mi auguro che le amministrazioni che si succederanno vorranno proseguire in questa direzione”, ha detto il sindaco Gianluca Dessì. Il primo cittadino ha annunciato che d’ora in avanti gli scavi procederanno in modo più spedito. Dessì ha sottolineato la grande disponibilità da parte delle famiglie Valerio e Parodi, proprietarie delle terre sulle quali il sito archeologico è situato, senza la cui collaborazione gli scavi non sarebbero stati possibili.

LA CONFERENZA – La ripresa degli scavi è stata presentata nell’ambito della Conferenza sulle Politiche Culturali del Territorio, che si è tenuta ieri sera a Casa Todde, a Villasimius, e alla quale hanno preso parte, oltre al professor Guirguis, il sindaco Dessì, la direttrice del Museo Archeologico Elisabetta Gaudina, che ha coordinato i lavori, il geologo Dario Cinus, che ha fornito un inquadramento geologico del territorio e dell’evoluzione strutturale del Mediterraneo e della Sardegna, e la specialista in beni culturali Elisabetta Valtan, che ha illustrato il progetto di messa in sicurezza e restauro conservativo della Torre di Porto Giunco.

RESTAURO TORRE DI PORTO GIUNCO – Il progetto di messa in sicurezza e restauro conservativo della torre più nota di Villasimius è stato presentato nel settembre scorso tramite un Piano di Sviluppo Rurale per il restauro dei beni facenti parte del patrimonio culturale dei villaggi, con la richiesta di un finanziamento per un quadro economico di 300 mila euro. Il progetto prevede la messa in sicurezza e il rifacimento delle strutture murarie andate in crollo e della scala a chiocciola interna, il ripristino delle architravi in ginepro e la creazione di una scala esterna per la fruizione della torre. “L’obiettivo dell’amministrazione – ha spiegato la dottoressa Valtan – è quello di creare un sistema di fruizione delle torri costiere”.