Gabriella Murgia dice di non sapere perché è in carcere, Tomaso Cocco di essere preoccupato per i suoi pazienti. Nessuno dei due, dalle rispettive celle di Uta dove si trovano rinchiusi da mercoledì scorso, entra nel merito delle accuse che vengono loro mosse – associazione mafiosa, associazione segreta, abuso e rivelazione di segreto d’ufficio – dai magistrati che, con Monte Nuovo, hanno svelato un presunto intreccio di potere e criminalità, di favori e uso delle cosiddette riserve di violenza, ovvero le armi, sequestrate nei giorni scorsi insieme alla droga, per piegare scelte e decisioni della politica e della pubblica amministrazione a proprio vantaggio.
Arrestati eccellenti, e da quanto scrivono i magistrati fautori e membri attivi del gruppo criminale, l’ex assessore dell’Agricoltura Gabriella e il primario di Terapia del Dolore del Marino, Tomaso Cocco. Secondo gli inquirenti, erano loro a sedersi con regolarità a tavola accanto a criminali notissimi come Tonino Crissantu e Nicolò Cossu, detto Cioccolato. Ed erano loro a tessere intrecci e pianificare strategie, persino per favorire la latitanza di Graziano Mesina, zio Graziano come lo chiamava Cocco, che si era offerto di firmare una relazione medica per certificare la sua incompatibilità col carcere. Sempre Cocco avrebbe garantito le prestazioni sanitarie gratuite ai malativosi che lo proteggevano, dirottando i pazienti sulle prestazioni a pagamento. E ancora, fu lui a consentire che Massimo Temussi, allora commissario Ats, diventasse un protetto del gruppo criminale dopo esserne stato minacciato: in cambio, Temussi avrebbe garantito il primariato prima e la nascita del reparto di terapia poi. Sempre Cocco organizzava spuntini durante il Covid nella “casa del prete”, ovvero nei locali dell’ospedale Binaghi di Cagliari, approfittando del fatto di essere medico e dunque di potersi muovere liberamente sul territorio.
Sia Murgia che Cocco sono rimasti muti davanti al gip nell’interrogatorio di garanzia, l’ex assessore ha solo detto di non sapere perché si trova in carcere. La strategia difensiva del silenzio era scontata e, in attesa di avere chiaro il quadro accusatorio, gli avvocati restano in trincea a studiare le mosse per la richiesta di scarcerazione al tribunale del riesame.
L’indagine, secondo gli inquirenti, ha portato alla luce l’alleanza fra due mondi finora considerati inconciliabili: quello della criminalità legato al traffico di droga e all’Anonima sequestri, con alcuni membri delle istituzioni. Il “sistema Mesina”, insomma, si sarebbe allungato all’interno dell’amministrazione regionale in Sardegna.
Anche il presidente Solinas è citato molte volte nelle intercettazioni e nell’ordinanza. Ma dice di non aver mai avuto a che fare con criminali, e che non andrà a parlare della vicenda in consiglio regionale per non politicizzare una vicenda giudiziaria.
La prossima settimana sarà cruciale. Si aspettano nuovi sviluppi nell’inchiesta e nuovi indagati dopo i blitz e il sequestro di documenti negli ospedali e in diversi uffici della Regione.