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Di Giulio Neri
Cristina, specializzanda in ginecologia e ostetricia, è un’obbiettrice di coscienza. Immatura e sotto molti aspetti quasi infantile, a ventotto anni si ritrova ancora costretta nell’abito morale di una ricca famiglia borghese, con una madre prevaricante che signoreggia nei ghiacci dell’ipocrisia e un fidanzato in carriera sempre all’estero. Poi c’è Lidia, proprietaria di un centro estetico ben avviato. Figlia di una cosiddetta ruba-mariti, ha reagito a un’infanzia schiacciata da cattiveria e pregiudizi sviluppando una personalità eccentrica. È una donna complessa, tormentata, con un marito soldato rimasto impotente a seguito di un incidente in Afganistan e un amante discreto, pragmatico e condannato a vivere nell’ombra.
Il fulcro di “Dentro la borsa” (Edizioni La Zattera, 169 pagine, euro 18), romanzo d’esordio di Francesca Spanu, è in questi due personaggi femminili di segno opposto, nella relazione di profonda amicizia che instaurano a partire da uno scontro etico e culturale: l’interruzione di gravidanza deciso da Lidia. Il viaggio angoscioso in ospedale e l’attesa, la piccola stanza disadorna che sa già di obitorio, una camicia da notte blu, l’ovulo «da inserire in vagina», come raccomandato da un infermiere gentile: c’è una liturgia dell’aborto che è travaglio psicologico e affettivo. Dopo il raschiamento, quando esce dalla sala su una barella, Lidia piange. Cristina, l’obbiettrice, si lascia sfuggire un commento sprezzante che è retaggio materno: «lacrime di coccodrillo». Gli altri tirocinanti lo sentono e ridono. Ma anche Lidia ha sentito, e in questo giudizio disinvolto, leggero, avverte l’ennesima sferzata, un colpo basso che si aggiunge a una storia di mortificazioni gratuite. Eppure, è qui che inizia l’amicizia fra le due donne.
Il processo di autocritica di Cristina – carnefice – va di pari passo con la comprensione della vittima; e quando i reciproci percorsi affiorano, ecco sgretolarsi il tribunale del super-io: l’intera vicenda personale della prima si identifica con quella della seconda. Ognuna, da questo scambio, può trarre beneficio e arricchimento: Cristina per maturare come donna; Lidia per imparare a perdonarsi, anche o soprattutto da colpe che non ha. L’immediatezza della scrittura di Francesca Spanu, la genuinità dell’intento narrativo e i personaggi di contorno (non solo quelli maschili) contribuiscono alla resa di un’esistenza difficile per tutti, e alla definizione di quei sentimenti – l’amore in primis – che si muovono nell’oscurità, che cercano luce e che, talvolta, arrivano a negarsi pur di centrare il vero obbiettivo: salvare i nostri cari anche dai nostri bisogni più egoistici – umani, troppo umani.